Infezione da virus dell'immunodeficienza umana (HIV)

DiEdward R. Cachay, MD, MAS, University of California, San Diego School of Medicine
Revisionato/Rivisto mag 2024
Visualizzazione l’educazione dei pazienti

L'infezione da virus dell'immunodeficienza umana (HIV) (infezione da HIV-1 o HIV-2) distrugge i linfociti CD4+ e compromette l'immunità cellulo-mediata, aumentando il rischio di alcune infezioni e tumori. L'infezione primaria può produrre una sindrome febbrile aspecifica. Il rischio di successive manifestazioni, correlate allo stato di immunodeficienza, è proporzionale al livello di deplezione del linfocita CD4+ circolante. L'HIV può causare un danno diretto al cervello, alle gonadi, ai reni e al cuore, causando un deterioramento cognitivo, ipogonadismo, insufficienza renale o cardiomiopatia. Le manifestazioni cliniche vanno dallo stato di portatore asintomatico del virus HIV fino all'infezione da HIV allo stadio terminale (sindrome da immunodeficienza acquisita [AIDS]), una condizione definita dall'insorgenza di malattie che definiscono l'AIDS (gravi infezioni opportunistiche o tumori) o da una conta dei CD4 circolanti < 200/mcL. L'infezione da HIV è diagnosticabile mediante ricerca degli Ab specifici, acidi nucleici (HIV RNA), o degli antigeni virali (p24). Lo screening deve essere proposto di routine sia agli adulti che agli adolescenti, dall'età di 13 all'età di 64 anni. Inoltre, le donne in gravidanza devono essere testate per l'HIV nelle prime fasi di ogni gravidanza, anche se sono state sottoposte a screening durante le precedenti gravidanze. Il trattamento mira a sopprimere la replicazione dell'HIV, utilizzando combinazioni di ≥ 2 farmaci che inibiscono gli enzimi dell'HIV; la terapia è in grado di ripristinare la funzione immunitaria nella maggior parte dei pazienti se la soppressione della replicazione è sostenuta.

(Vedi anche Infezione da virus dell'immunodeficienza umana (HIV) nel lattante e nel bambino.)

Il virus dell'immunodeficienza umana (HIV) è un retrovirus. I retrovirus sono virus a RNA dotati di mantello e così definiti per il loro meccanismo di replicazione mediante retrotrascrizione (o trascrizione inversa) che genera copie di DNA che si integrano nel genoma della cellula ospite.

Ci sono 2 tipi di HIV, HIV-1 e HIV-2. Il virus HIV-1 causa la maggior parte delle infezioni da HIV in tutto il mondo, mentre il virus HIV-2 è la causa di una frazione considerevole d'infezioni in alcune regioni dell'Africa occidentale (1). In alcune aree dell'Africa occidentale, entrambi i virus sono prevalenti e possono coinfettare i pazienti. Il virus HIV-2 sembra essere meno virulento di HIV-1.

Il virus HIV-1 ha avuto origine in Africa centrale nella prima metà del XX secolo, quando un virus dello scimpanzé, strettamente correlato a HIV-1 ha infettato per la prima volta la specie umana. La diffusione epidemica su scala mondiale è iniziata alla fine degli anni '70, mentre la patologia nota come AIDS è stata descritta per la prima volta nel 1981.

Riferimento generale

  1. 1. Campbell-Yesufu OT, Gandhi RT: Update on human immunodeficiency virus (HIV)-2 infection. Clin Infect Dis 52(6):780-787, 2011. doi: 10.1093/cid/ciq248

Epidemiologia dell'infezione da HIV

Le seguenti statistiche globali sull'HIV sono state stimate dalla World Health Organization (WHO) nel 2022 (vedi HIV Data and Statistics):

  • Prevalenza globale dell'HIV – 39 milioni

  • Bambini (0-14 anni) con HIV – 1,5 milioni

  • Le persone con nuova diagnosi di infezione da HIV – 1,3 milioni; dal 2010, il numero di persone che infettate dall'HIV è stato ridotto del 38%, da 2,1 milioni

  • Mortalità per cause correlate all'HIV – 630 000; dal 2010, i decessi correlati all'HIV sono stati ridotti del 51%, da 1,3 milioni

  • Le persone con HIV che ricevono terapia antiretrovirale – 29,8 milioni

  • Le persone infettate dall'HIV che conoscono il loro stato – 86% (il 76% di coloro che sanno qual'è il loro stato è in trattamento e il 71% ha cariche virali soppresse)

L'infezione da HIV è più diffusa in Africa, in particolare in Africa sub-sahariana. L'OMS ha stimato le statistiche del 2022 in Africa che includono le seguenti (vedi HIV Data and Statistics):

  • Prevalenza: 25,6 milioni (il 90% conosceva il proprio stato, l'82% era in trattamento e il 76% aveva soppressione delle cariche virali)

  • Persone di nuova diagnosi con infezione da HIV - 660 000 (una riduzione a 0,57 per 1000 popolazione non infetta da 1,75 per 1000 nel 2010)

  • Mortalità da cause correlate all'HIV – 380 000 (una diminuzione del 56% dal 2010)

Le stime più recenti per l'HIV (in persone di età ≥ 13 anni) negli Stati Uniti dal 2021 comprendono le seguenti (vedi U.S. Statistics: Fast Facts):

  • Prevalenza - 1,2 milioni di persone (il 13% non era a conoscenza del loro status)

  • Le persone che hanno contratto l'HIV – 32.100 (le nuove infezioni da HIV stimate sono diminuite del 12% rispetto ai 36 500 del 2017)

  • Le persone che hanno contratto l'HIV per sottopopolazione – Uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini (22 400 [70%]); persone che hanno riferito un contatto eterosessuale (7100 [22%]); persone che si iniettano farmaci (2500 ([8%])

L'HIV si è diffuso attraverso vie epidemiologicamente distinte:

  • Rapporti eterosessuali (che interessa uomo e donna circa allo stesso modo)

  • Uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini

  • Contatto con sangue infetto (p. es., attraverso la condivisione di aghi e trasfusioni di sangue in assenza di misure efficaci di screening del donatore)

  • Trasmissione da madre a figlio

La maggior parte delle infezioni da HIV viene trasmessa da un contatto eterosessuale, ma i fattori di rischio variano a seconda della regione o del livello di reddito nazionale. Per esempio, nei paesi ad alto reddito, la trasmissione tra uomini che hanno rapporti sessuali con uomini è di solito il modo più comune in cui si verifica l'infezione, mentre le persone che si iniettano droghe sono colpite in modo sproporzionato nell'Europa centrale e orientale (1, 2).

Laddove predomina la trasmissione eterosessuale, l'infezione da HIV segue le vie del commercio, dei trasporti e delle migrazioni, per ragioni economiche, verso centri urbani, interessando, in via secondaria, le aree rurali. In Africa, in particolare nei paesi del sud, l'epidemia da HIV ha ucciso decine di milioni di adulti, generando milioni di orfani. I fattori associati all'aumento della velocità di diffusione comprendono

  • Povertà e violenza sessuale

  • Educazione sessuale limitata e consapevolezza circa l'HIV

  • Sistemi sanitari che non forniscono accesso ai test per l'HIV e ai farmaci antiretrovirali

  • Stigmatizzazione, criminalizzazione e discriminazione nei confronti delle persone con HIV

Molte infezioni opportunistiche che insorgono a complicanza dell'infezione da HIV sono causate dalla riattivazione d'infezioni latenti. Perciò, fattori epidemiologici che determinano la probabilità di essere portatori d'infezioni latenti, influenzano anche il rischio di contrarre infezioni opportunistiche specifiche da parte delle persone infettate da HIV. In molti paesi con alti tassi di infezione da HIV, la prevalenza delle forme latenti della tubercolosi e della toxoplasmosi nella popolazione generale è più alta che in altri paesi. In questi paesi aumenti drammatici della riattivazione della tubercolosi e dell'encefalite da toxoplasma hanno seguito l'epidemia dell'immunodepressione indotta da HIV. Parimenti, negli Stati Uniti l'incidenza di coccidioidomicosi, frequente nel sud-ovest, e di istoplasmosi, frequente nel Midwest, è aumentata a causa dell'infezione da HIV.

L'infezione da herpes virus umano di tipo 8, che causa il sarcoma di Kaposi, è diffusa fra uomini che hanno rapporti sessuali con uomini, mentre è meno frequente in altri pazienti HIV positivi negli Stati Uniti e in Europa. Perciò, negli Stati Uniti, > 90% dei pazienti infettati dall'HIV che hanno sviluppato un sarcoma di Kaposi sono uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (3).

Riferimenti epidemiologici

  1. 1. Vermund SH, Leigh-Brown AJ: The HIV epidemic: High-income countries. Cold Spring Harb Perspect Med 2(5):a007195, 2012. doi: 10.1101/cshperspect.a007195

  2. 2. Hamers FF, Downs AM: HIV in central and eastern Europe. Lancet 361(9362):1035-1044, 2003. doi: 10.1016/S0140-6736(03)12831-0

  3. 3. Bhutani M, Polizzotto MN, Uldrick TS, et al: Kaposi sarcoma-associated herpesvirus-associated malignancies: Epidemiology, pathogenesis, and advances in treatment. Semin Oncol 42(2):223–246, 2015. doi: 10.1053/j.seminoncol.2014.12.027

Trasmissione dell'infezione da HIV

La trasmissione dell'HIV richiede il contatto con liquidi corporei, in particolare sangue, sperma, secrezioni vaginali, latte materno ed essudati da ferite o lesioni cutanee o mucose, contenenti virioni liberi dell'HIV o cellule infettate. La trasmissione è più probabile se la carica virale (viremia) è più elevata, che è tipica durante l'infezione primaria, anche nel caso essa sia asintomatica. La trasmissione da saliva o dalle goccioline prodotte con tosse o starnuti è estremamente improbabile, anche se concepibile.

L'HIV non è trasmesso da contatti che non comportano lo scambio di liquidi corporei.

La trasmissione avviene generalmente

  • Sessuale: trasmissione diretta dall'attività sessuale

  • Aghi o strumenti correlati: condivisione di aghi contaminati dal sangue o esposizione a strumenti medici contaminati

  • Da trasfusione o trapianto

  • Verticale: trasmissione da madre infetta a figlio durante la gravidanza, il parto o tramite il latte materno

Trasmissione sessuale dell'HIV

Le pratiche sessuali con i rischi più elevati sono quelle che causano traumi mucosi (vedi tabella Rischio di trasmissione dell'HIV per diverse attività sessuali. Una revisione sistematica ha riportato il seguente rischio di trasmissione per atto sessuale (1):

  • Rapporto anale ricettivo: 1 per 72 atti sessuali

  • Rapporto anale insertivo: 1 per 909

  • Rapporti recettivi pene-vagina: 1 per 1250

  • Rapporti insertivi pene-vagina: 1 per 2500

  • Sesso orale ricettivo o inseritivo: da 0 a 4 per 10 000 esposizioni

Il rischio di trasmissione durante il sesso orale non aumenta significativamente se lo sperma o le secrezioni vaginali vengono ingeriti. Tuttavia, le ferite aperte in bocca, le gengive sanguinanti o il contatto orale con il sangue mestruale possono aumentare il rischio (Oral Sex and HIV Risk). Altre pratiche che causano traumi alla mucosa comprendono il fisting (inserimento della maggior parte o di tutta la mano nel retto o nella vagina) e l'uso di giocattoli sessuali. Quando utilizzate durante il rapporto con un partner con infezione da HIV, queste pratiche aumentano il rischio di trasmissione dell'HIV.

L'infiammazione delle mucose facilita la trasmissione dell'HIV. Le ferite alla bocca, alla vagina, al pene o al retto aumentano il rischio di trasmissione. Le infezioni a trasmissione sessuale, come gonorrea, clamidia, tricomoniasi, e soprattutto quelle che causano ulcerazioni (p. es., cancroide, herpes, sifilide), aumentano il rischio di varie volte.

Il rischio di trasmissione è aumentato nella fase precoce e avanzata dell'infezione da HIV in cui le concentrazioni dell'HIV nel plasma e nei liquidi genitali sono le più alte. Esistono delle prove secondo le quali le persone con infezione da HIV trattate con terapia antiretrovirale che hanno una carica virale non rilevabile (soppressione virale) non trasmettono il virus per via sessuale ai loro partner (2, 3).

La circoncisione sembra ridurre nei maschi il rischio di acquisizione dell'infezione da HIV di circa il 50%, eliminando la mucosa del pene (inferiore del prepuzio), che è più suscettibile all'infezione da HIV rispetto all'epitelio cheratinizzato, e squamoso stratificato che ricopre il resto del pene.

Tabella

Trasmissione correlata ad aghi e strumenti

Il rischio di trasmissione dell'HIV a seguito di una rottura della barriera cutanea da uno strumento sanitario contaminato da sangue infetto è di circa 1/400 in assenza di profilassi antiretrovirale post-esposizione (1). La profilassi antiretrovirale post-esposizione istituita appena possibile dopo l'esposizione è raccomandata (U.S. Guidelines for Management of Occupational Exposures to HIV). Il rischio sembra essere elevato se la ferita è profonda o se del sangue è inoculato (p. es., ago cavo contaminato). Il rischio è aumentato anche con aghi cavi e con punture delle arterie o delle vene rispetto ad aghi pieni o altri oggetti penetranti ricoperti di sangue a causa di grandi volumi di sangue che possono essere trasferiti. Così, la condivisione di aghi che sono entrati nelle vene di altri è un'attività ad altissimo rischio.

Il rischio di trasmissione da parte di medici portatori di un'infezione da HIV che prendono le dovute precauzioni non è chiaro ma appare minimo (Surveillance of Occupationally Acquired HIV/AIDS). Tuttavia, ampie indagini su pazienti curati da altri medici infetti dall'HIV, tra cui chirurghi, hanno scoperto pochi altri casi.

Trasmissione verticale (materno-bambino)

L'HIV può essere trasmesso dalla madre al feto o al neonato:

  • Durante la gravidanza, per via transplacentare

  • Durante il parto

  • Attraverso il latte materno

Il rischio complessivo cumulativo di trasmissione verticale senza farmaci antiretrovirali è del 35-45% (4).

Il tasso di trasmissione può essere ridotto significativamente trattando le madri infettate dall'HIV con farmaci antiretrovirali durante la gravidanza, il travaglio e l'allattamento.

Il parto cesareo riduce il rischio ed è preferito per le donne in gravidanza con infezione da HIV le cui cariche virali sono > 1000 copie/mL al momento o vicino al parto, indipendentemente dalla terapia antiretrovirale prima del parto, o in cui livelli sono sconosciuti (5).

Anche i test e il trattamento profilattico del bambino riducono il rischio.

L'HIV viene escreto nel latte materno. Il rischio complessivo di trasmissione dall'allattamento al seno è di circa il 14%, che è il riflesso delle diverse durate dell'allattamento al seno e delle concentrazioni plasmatiche dell'RNA virale (p. es., il rischio è elevato nel caso delle donne che si infettano durante la gravidanza o durante il periodo dell'allattamento al seno) (6).

Nei paesi ad alto reddito, si consiglia alle donne con infezione da HIV di non allattare al seno (vedi Centers for Disease Control and Prevention: Breastfeeding and Special Circumstances). Tuttavia, in ambienti con risorse limitate, l'allattamento al seno è associato a ridotta morbilità e mortalità infantile da malnutrizione e malattie infettive. Per le donne infettate dall'HIV in ambienti con poche risorse, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda il trattamento antiretrovirale e il supporto all'aderenza combinato con l'allattamento al seno per almeno 12 mesi (vedi WHO: Guidelines on HIV and Infant Feeding).

Poiché molte donne con infezione da HIV e i loro bambini sono trattate o assumono farmaci antiretrovirali profilattici durante la gravidanza, l'incidenza dell'infezione da HIV nei bambini è diminuita in molti paesi (vedi Infezione da virus dell'immunodeficienza umana (HIV) nei neonati e nei bambini).

Trasmissione da trasfusione e trapianto

Lo screening dei donatori di sangue con test sia degli anticorpi anti-HIV che dell'HIV RNA ha ridotto al minimo il rischio di trasmissione tramite trasfusione di sangue. Il rischio attuale di trasmissione del virus HIV da una trasfusione di sangue è probabilmente < 1/2 000 000 per unità trasfusa negli Stati Uniti (7). Tuttavia, in molti paesi con forte incidenza dell'infezione da HIV, dove il sangue e i suoi prodotti non sono sottoposti a screening per l'HIV, il rischio di infezione da HIV trasmessa tramite trasfusione rimane alto.

Raramente la trasmissione dell'HIV può verificarsi tramite il trapianto d'organo da donatore sieropositivo. L'infezione si è sviluppata nei riceventi di rene, fegato, cuore, pancreas, ossa e pelle, tutti elementi che contengono sangue, ma lo screening per l'HIV riduce notevolmente il rischio di trasmissione. La trasmissione dell'HIV è ancora più improbabile nel trapianto di cornea, nell'osso trattato con etanolo e liofilizzato, nell'osso fresco congelato, senza midollo, nel tendine o fascia liofilizzato, o da dura madre liofilizzata e irradiata.

La trasmissione dell'HIV è possibile tramite l'inseminazione artificiale con sperma di donatori sieropositivi. Negli Stati Uniti, il lavaggio degli spermatozoi è considerato un metodo efficace per ridurre il rischio di inseminazione da un donatore di spermatozoi HIV-positivo.

Riferimenti relativi alla trasmissione

  1. 1. Patel P, Borkowf CB, Brooks JT, et al: Estimating per-act HIV transmission risk: A systematic review. AIDS 28(10):1509-1519, 2014. doi: 10.1097/QAD.0000000000000298

  2. 2. Rodger AJ, Cambiano V, Bruun T, et al: Risk of HIV transmission through condomless sex in serodifferent gay couples with the HIV-positive partner taking suppressive antiretroviral therapy (PARTNER): Final results of a multicentre, prospective, observational study. Lancet 393(10189):2428-2438, 2019. doi:10.1016/S0140-6736(19)30418-0

  3. 3. Rodger AJ, Cambiano V, Bruun T, et al: Sexual activity without condoms and risk of HIV transmission in serodifferent couples when the HIV-positive partner is using suppressive antiretroviral therapy [published correction appears in JAMA 316(2):171-181, 2016. doi: 10.1001/jama.2016.5148. Erratum in: JAMA316(6):667. Erratum in: JAMA 316(19):2048, 2016. PMID: 27404185

  4. 4. Newell ML, Coovadia H, Cortina-Borja M, et al: Mortality of infected and uninfected infants born to HIV-infected mothers in Africa: A pooled analysis. Lancet 364(9441):1236-1243, 2004. doi:10.1016/S0140-6736(04)17140-7

  5. 5. ACOG Committee Opinion No. 751 Summary: Labor and delivery management of women with human immunodeficiency virus infection. Obstet Gynecol 32(3):803-804, 2018. doi: 10.1097/AOG.0000000000002821.

  6. 6. Dunn DT, Newell ML, Ades AE, Peckham CS: Risk of human immunodeficiency virus type 1 transmission through breastfeeding. Lancet 340(8819):585-588, 1992. doi:10.1016/0140-6736(92)92115-v

  7. 7. Steele WR, Dodd RY, Notari EP, et al: HIV, HCV, and HBV incidence and residual risk in US blood donors before and after implementation of the 12-month deferral policy for men who have sex with men. Transfusion 61(3):839-850, 2021. doi: 10.1111/trf.16250

Fisiopatologia dell'infezione da HIV

Il virus HIV infetta i linfociti T legandosi alla molecola di superficie CD4+ e ad alcuni recettori di chemochine (vedi figura Ciclo di vita semplificato dell'HIV). Dopo l'ingresso del virus nella cellula, il genoma virale a RNA e diversi enzimi dell'HIV vengono liberati nel citoplasma della cellula ospite.

La replicazione virale richiede che la trascrittasi inversa, una DNA polimerasi RNA-dipendente, copi il genoma a RNA del virus HIV, producendone una versione in DNA; questo processo è soggetto a errori e causa frequentemente mutazioni e quindi nuovi genotipi di HIV. Queste mutazioni facilitano la generazione di varianti dell'HIV che possono essere resistenti al controllo da parte del sistema immunitario dell'ospite e dei farmaci antiretrovirali.

Il DNA virale penetra nel nucleo della cellula ospite e viene integrato nel DNA dell'ospite, divenendo DNA provirale, grazie all'integrasi, un altro enzima HIV. Ogni replicazione di una cellula infettata comporta anche la duplicazione del DNA provirale integrato divenuto parte del DNA dell'ospite. Successivamente, il DNA provirale viene trascritto in RNA e tradotto nelle proteine del virus HIV, tra cui le glicoproteine dell'envelope gp41 e gp120. Queste proteine dell'HIV vengono assemblate in virioni a livello della superficie interna della membrana plasmatica, prima di gemmare alla superficie cellulare all'interno di un involucro della membrana cellulare umana. Ogni cellula infettata può produrre migliaia di virioni.

Dopo il processo di gemmazione, la proteasi virale, processa la poliproteina Gag promuovendo la maturazione del virione infettivo.

Ciclo di vita semplificato dell'HIV

L'HIV si lega alle cellule T dell'ospite, quindi rilascia l'RNA e gli enzimi nella cellula ospite. La trascrittasi inversa virale copia il genoma a RNA in una versione a DNA. Il DNA virale entra nel nucleo della cellula ospite, e l'enzima virale integrasi ne promuove l'integrazione come DNA provirale nel genoma dell'ospite. La cellula ospite infettata sintetizza RNA e proteine dell'HIV. Le proteine virali vengono assemblate in virioni a livello della superficie interna della membrana plasmatica, e gemmano poi dalla superficie cellulare. La proteasi virale scinde le proteine virali, promuovendo così la conversione del virione da immaturo a virus infettivo e maturo.

I linfociti CD4+ infettati producono > 98% dei virioni presenti nel plasma delle persone infettate. Una minoranza di linfociti CD4+ infettati non muore e costituisce un serbatoio d'infezione latente da cui il virus può essere riattivato (p. es., quando viene sospesa la terapia antivirale).

Nelle infezioni da HIV trattate con terapia antiretrovirale vengono prodotti quotidianamente da 108 a 109 virioni al giorno. L'emivita media dell'HIV nel plasma è di circa 36 h, circa 24 h intracellulari e circa 6 h come virus extracellulare. Ogni giorno circa il 30% del carico totale di HIV in un individuo infetto viene ribaltato. Inoltre, il 5-7% delle cellule CD4 si attiva quotidianamente, e l'intero gruppo di cellule CD4 si attiva ogni 2 giorni (1). Quindi, l'infezione da HIV in stadio terminale (AIDS) deriva da una replicazione continua e consistente dell'HIV, che porta al virus e all'uccisione immuno-mediata dei linfociti CD4. Inoltre, l'alto volume di replicazione dell'HIV e l'alta frequenza di errori di trascrizione da parte della sua trascrittasi inversa si traducono in numerose mutazioni, che aumentano la probabilità di sviluppare ceppi resistenti al sistema immunitario dell'ospite e ai farmaci.

L'infezione da un altro tipo di retrovirus, il virus uman T-lymphotropic virus 1 (HTLV-1), è meno frequente, ma può anche causare gravi malattie.

Sistema immunitario

Le due maggiori conseguenze dell'infezione da HIV sono

  • Danni al sistema immunitario, in particolare deplezione dei linfociti CD4+

  • Immunoattivazione

I linfociti CD4+ sono coinvolti nell'immunità cellulo-mediata e, in misura minore, in quella umorale. La deplezione dei CD4+ può essere causata da:

  • Effetti citotossici diretti della replicazione dell'HIV

  • Citotossicità immunitaria cellulo-mediata

  • Danni al timo con ridotta e alterata produzione di linfociti

I linfociti CD4+ infetti hanno un'emivita di circa 2 giorni, molto più breve di quella delle stesse cellule CD4+ non infettate. I livelli di deplezione dei linfociti T CD4+ correlano con la carica virale plasmatica. Tipicamente, durante l'infezione iniziale o primaria, i livelli di HIV nel plasma sono i più elevati (> 106 copie/mL), e la conta dei linfociti T CD4+ circolanti diminuisce rapidamente.

La conta normale dei linfociti T CD4+ è pari a non meno di 750 cellule/mcL, mentre le difese immunitarie non sono particolarmente alterate per valori > 350/mcL. Se la conta scende circa sotto i 200/mcL, la perdita dell'immunità cellulo-mediata permette a diversi agenti patogeni opportunisti di riattivarsi da stati latenti e causare malattia clinica.

Il sistema immunitario umorale è altresì compromesso. L'iperplasia dei linfociti B nei linfonodi causa una linfoadenopatia, con aumento della produzione di anticorpi verso antigeni vari già incontrati, che spesso induce uno stato d'ipergammaglobulinemia. I livelli totali di anticorpi (specialmente IgG ed IgA) e i titoli di anticorpi diretti contro antigeni incontrati in precedenza possono essere estremamente elevati. Tuttavia, la risposta dell'Ab a nuovi antigeni (p. es., ai vaccini) diminuisce con il depauperamento di linfociti T CD4+.

L'aumento anomalo dell'immunoattivazione potrebbe essere dovuto in parte dall'assorbimento di componenti batteriche intestinali. L'immunoattivazione contribuisce all'esaurimento dei CD4+ e all'immunosoppressione mediante meccanismi che rimangono poco chiari.

Altri tessuti

Il virus HIV infetta anche cellule monocitiche (p. es., cellule dendritiche della cute, macrofagi dei tessuti e microglia cerebrale) incluse alcune cellule del cervello, del tratto genitale, del cuore e dei reni, causando patologie d'organo.

I ceppi dell'HIV presenti in distretti quali il sistema nervoso centrale (incluso il liquido cerebrospinale) e gli organi genitali (sperma, liquido cervico-vaginale) possono mutare e diventare geneticamente differenti da quelli riscontrabili nel plasma, il che suggerisce che sono stati selezionati ai, o si sono adattati a questi compartimenti anatomici (2–4). Pertanto, i livelli dell'HIV e la presenza di varianti di resistenza in questi compartimenti possono variare indipendentemente da quelli plasmatici.

Progressione della malattia

Durante le prime settimane di infezione primaria, si innescano risposte immunitarie umorali e cellulari:

  • Umorali: gli anticorpi anti-HIV sono di solito misurabili entro alcune settimane dall'infezione primaria; tuttavia, la risposta umorale non può controllare efficacemente l'infezione e la replicazione dell'HIV anche a causa della selezione di forme mutanti del virus che sfuggono al controllo degli anticorpi anti-HIV sintetizzati.

  • Cellulari: l'immunità cellulo-mediata inizialmente è il mezzo più importante per controllare i livelli di viremia (di solito più di 106 copie/mL). Ma la rapida mutazione di antigeni virali, che sono bersaglio della citotossicità linfociti mediata, sovverte il controllo del virus HIV in tutti tranne in una piccola percentuale di pazienti.

Livelli plasmatici dell'HIV, espressi come numero di copie di RNA/mL, tendono a stabilizzarsi dopo circa 6 mesi dall'infezione primaria a un livello relativamente stabile ("set point") che varia ampiamente tra i diversi pazienti, ma nella media ricadono tra 30 000 a 100 000 copie di RNA/mL (da 4,2 a 5 log10/mL). Questa variabilità dipende da come i fattori dell'ospite interagiscono e influenzano la diversità genetica virale dell'HIV (5). Maggiore è il livello di set point, più rapidamente i linfociti T CD4+ diminuiscono a livelli che compromettono le difese immunitarie (< 200/mcL) per esitare nelle infezioni opportunistiche e nei tumori che definiscono l'HIV in stadio terminale (6, 7).

Il rischio e la gravità delle infezioni opportunistiche, dell'HIV in stadio terminale e delle neoplasie associate all'AIDS sono predicibili principalmente in base a 2 parametri:

  • Conta dei CD4

  • Esposizione ad agenti patogeni potenzialmente opportunistici

Il rischio di specifiche infezioni opportunistiche aumenta al di sotto della soglia di circa 200 CD4/mcL per alcune infezioni e di 50/mcL per altre, come nelle seguenti:

Per ogni incremento di 3 volte (0,5 log10) della carica virale plasmatica nei pazienti non trattati, il rischio di progressione ad HIV in stadio terminale conclamato o di decesso, durante i 2-3 anni successivi, in assenza di trattamento, aumenta del 50% circa (6).

In assenza di terapia, il rischio di progressione all'HIV in stadio terminale è di circa l'1-2%/anno nei primi 2-3 anni di infezione e di circa il 5-6%/anno, successivamente. Alla fine, l'HIV in stadio terminale si sviluppa pressoché sempre nei pazienti non trattati.

Infezioni da HTLV

L'infezione da HTLV-1 o 2 può causare leucemie a cellule T dell'adulto e linfomi, linfoadenopatia, epatosplenomegalia, lesioni cutanee e immunodepressione. Alcuni pazienti con infezione da HTLV sviluppano infezioni simili a quelle che si verificano nei pazienti con infezione da HIV. Anche l'HTLV-1 può causare mielopatia/paraparesi spastica tropicale.

La maggior parte dei casi viene trasmessa

  • Da madre a figlio con l'allattamento al seno

L'HTLV-1 può anche essere trasmesso

  • Sessualmente

  • Attraverso il sangue

  • Raramente, tramite il trapianto d'organo da donatori sieropositivi per l'HTLV-1

Riferimenti relativi alla fisiopatologia

  1. 1. Ho DD, Neumann AU, Perelson AS, et al: Rapid turnover of plasma virions and CD4 lymphocytes in HIV-1 infection. Nature 373(6510):123-126, 1995. doi: 10.1038/373123a0

  2. 2. Bednar MM, Sturdevant CB, Tompkins LA, et al: Compartmentalization, viral evolution, and viral latency of HIV in the CNS. Curr HIV/AIDS Rep 12(2):262-271, 2015. doi:10.1007/s11904-015-0265-9

  3. 3. Mabvakure BM, Lambson BE, Ramdayal K, et al: Evidence for both intermittent and persistent compartmentalization of HIV-1 in the female genital tract. J Virol 93(10):e00311-e00319, 2019. doi:10.1128/JVI.00311-19

  4. 4. Ghosn J, Viard JP, Katlama C, et al: Evidence of genotypic resistance diversity of archived and circulating viral strains in blood and semen of pre-treated HIV-infected men. AIDS (London, England). 18(3):447-457, 2004. doi: 10.1097/00002030-200402200-00011

  5. 5. Bartha I, McLaren PJ, Brumme C, et al: Estimating the respective contributions of human and viral genetic variation to HIV control. PLoS Comput Biol 13(2):e1005339, 2017. Pubblicato 9/02/2017. doi:10.1371/journal.pcbi.1005339

  6. 6. Lavreys L, Baeten JM, Chohan V, et al: Higher set point plasma viral load and more-severe acute HIV type 1 (HIV-1) illness predict mortality among high-risk HIV-1-infected African women. Clin Infect Dis 42(9):1333-9, 2006. doi: 10.1086/503258

  7. 7. Lyles RH, Muñoz A, Yamashita TE, et al: Natural history of human immunodeficiency virus type 1 viremia after seroconversion and proximal to AIDS in a large cohort of homosexual men. Multicenter AIDS cohort study. J Infect Dis 181(3):872-80, 2000. doi: 10.1086/315339

Sintomatologia dell'infezione da HIV

Infezione iniziale da HIV

Nelle fasi iniziali, l'infezione primaria da HIV può essere asintomatica o causare sintomi aspecifici e transitori (sindrome retrovirale acuta).

La sindrome retrovirale acuta inizia solitamente entro 1-4 settimane dall'infezione e dura generalmente dai 3 ai 14 giorni. Sintomi e segni sono spesso scambiati per mononucleosi infettiva o benigne sindromi virali non specifiche e possono includere febbre, malessere, stanchezza, diversi tipi di dermatiti, mal di gola, artralgie linfoadenopatia generalizzata, e la meningite settica.

Dopo la scomparsa della sintomatologia acuta, anche senza trattamento, la maggior parte dei pazienti non ha sintomi o descrive solo alcuni, lievi, intermittenti, sintomi non specifici, per un periodo di tempo molto variabile (dai 2 ai 15 anni).

I sintomi durante questo periodo relativamente asintomatico possono derivare direttamente dall'HIV o da infezioni opportunistiche. I seguenti sintomi sono i più frequenti:

  • Linfoadenopatia

  • Placche bianche da candidosi orale

  • Herpes zoster

  • Diarrea

  • Stanchezza

  • Febbre con sudorazioni intermittenti

Citopenie asintomatiche di grado lieve-moderato (p. es., leucopenia, anemia, trombocitopenia) sono frequenti. Alcuni pazienti presentano atrofia progressiva (che può essere correlata ad anoressia e aumentato catabolismo causa di infezioni) e febbri di basso grado o diarrea.

Peggioramento dell'infezione da HIV

Quando la conta CD4 scende a < 200/mcL, i sintomi non specifici possono peggiorare e dare origine ai diversi quadri clinici che definiscono l'AIDS.

Nei pazienti con infezione da HIV, alcune sindromi sono frequenti e possono richiedere diverse considerazioni (vedi tabella Manifestazioni comuni dell'infezione da HIV suddivise per apparato). In alcuni pazienti si osservano tumori (p. es., sarcoma di Kaposi, linfomi B) che si verificano più frequentemente, sono insolitamente gravi o hanno caratteristiche uniche nei pazienti con infezione da HIV (vedi Tumori comuni nei pazienti infetti da HIV). In altri pazienti si possono manifestare disturbi neurologici.

Gli esami di laboratorio possono rilevare infezioni che non si verificano di solito nella popolazione generale, come

Altre infezioni comuni, ma che devono far sospettare l'infezione avanzata da HIV per via della loro particolare gravità o della ricorrenza di recidive, comprendono

Manifestazioni aggiuntive dell'infezione da HIV
Bartonellosi disseminata nell'infezione da HIV
Bartonellosi disseminata nell'infezione da HIV

Questo paziente infettato dall'HIV presenta papule cutanee disseminate sul viso e noduli esofitici sulle palpebre.

© Springer Science+Business Media

Scabbia crostosa (norvegese)
Scabbia crostosa (norvegese)

Questa foto mostra la diffusa desquamazione e le placche ipercheratosiche in un paziente con HIV e scabbia crostosa.

© Springer Science+Business Media

Sarcoma di Kaposi (tipo associato all'AIDS)
Sarcoma di Kaposi (tipo associato all'AIDS)

Il sarcoma di Kaposi AIDS-associato è un tumore aggressivo e multicentrico che può coinvolgere il viso, il tronco, le superfici delle mucose, i vasi linfatici o il tratto gastrointestinale. Le lesioni appaiono come macule, placche o tumori, con colore che va dal bluastro al violaceo.

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Photo courtesy of Sol Silverman, Jr., via the Public Health Image Library of the Centers for Disease Control and Prevention.

Sarcoma di Kaposi (fase iniziale)
Sarcoma di Kaposi (fase iniziale)

Questa foto mostra noduli rossi violacei compatibili con un sarcoma di Kaposi sulla pelle della palpebra inferiore in un paziente con infezione da HIV.

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© Springer Science+Business Media

Sarcoma di Kaposi (faccia)
Sarcoma di Kaposi (faccia)

Questa foto mostra il sarcoma di Kaposi sul viso, sull'orecchio e sul collo.

© Springer Science+Business Media

Sarcoma di Kaposi (spalla)
Sarcoma di Kaposi (spalla)

Questa foto mostra placche ovali disseminate del sarcoma di Kaposi sulle spalle di un paziente con infezione da HIV.

© Springer Science+Business Media

Sarcoma di Kaposi
Sarcoma di Kaposi

Questa foto mostra placche violacee sull'avambraccio di un paziente con infezione da HIV.

© Springer Science+Business Media

Leucoplachia orale villosa
Leucoplachia orale villosa

La leucoplachia orale villosa si presenta con escrescenze verrucose bianche sui margini laterali della lingua.

Immagine cortesia di J.S. Greenspan, BDS, University of California, San Francisco and Sol Silverman, Jr., DDS via the Public Health Image Library of the Centers for Disease Control and Prevention.

Carcinoma anale
Carcinoma anale

Questa foto mostra i condilomi (1) e il carcinoma invasivo a cellule squamose (2) causati da una persistente infezione da papillomavirus umano (HPV) in una persona con infezione da HIV.

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Immagine cortesia di Dr. Edward R. Cachay.

Tabella
Tabella

Sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS)

L'AIDS è definita come un'infezione da HIV con uno o più di quanto segue:

  • Una o più malattie che definiscono l'AIDS (1)

  • Una conta di linfociti T CD4+ (cellule helper) < 200/mcL

  • Una percentuale di cellule CD4+ ≤ 14% della conta linfocitaria totale

Le malattie che definiscono l'AIDS comprendono

  • Infezioni opportunistiche gravi

  • Alcune neoplasie (p. es., il sarcoma di Kaposi e i linfomi non-Hodgkin) favorite dal deficit di immunità cellulo-mediata

  • Disturbi neurologici

  • Sindrome di deperimento

Malattie che definiscono l'AIDS

Vedi anche Centers for Disease Control and Prevention Morbidity and Mortality Weekly Report (MMWR): Revised Surveillance Case Definition for HIV Infection, United States, 2014.

* Solo tra i bambini di età < 6 anni

† Solo tra adulti, adolescenti e bambini di età ≥ 6 anni

Riferimenti relativi alla sintomatologia

  1. 1. Selik RM, Mokotoff ED, Branson, B, et al: Revised Surveillance Case Definition for HIV Infection—United States, 2014. MMWR63(RR03):1–10, 2014.

Diagnosi dell'infezione da HIV

  • Test per la ricerca di anticorpi anti-HIV con o senza test per l'antigene HIV P24

  • Amplificazione degli acidi nucleici per determinare il livello plasmatico di RNA dell'HIV (viremia o carica virale)

L'infezione da HIV va sospettata in pazienti che presentino adenopatie generalizzate persistenti e inspiegate o una delle malattie che definiscono l'AIDS (vedi la barra laterale Malattie che definiscono l'AIDS). Può anche essere sospettata in pazienti ad alto rischio con sintomi aspecifici che possono sottendere l'infezione acuta primaria da HIV.

Test diagnostici

La ricerca degli anticorpi anti-HIV è sensibile e specifica, tranne che nelle prime settimane dopo l'infezione (definito il "periodo finestra" dell'infezione acuta da HIV). Tuttavia, l'antigene p24 dell'HIV (una proteina principale del virus) è già presente nel sangue durante la maggior parte di questo tempo e può essere rilevato con i test.

Attualmente, è raccomandata una combinazione immunoenzimatica di antigeni/anticorpi di quarta generazione; rileva anticorpi sia per l'HIV-1 che per l'HIV-2 e anche per l'antigene HIV p24. La versione di laboratorio è probabilmente preferita a quella point-of-care (al letto del paziente) per diagnosticare un'infezione precoce, ma entrambe possono essere eseguite rapidamente (entro 30 minuti). Se il risultato del test è positivo, viene eseguito un test per differenziare l'HIV-1 e l'HIV-2 e un test per l'HIV-RNA.

I saggi immuno-assorbenti legati ad un enzima (enzyme-linked immunosorbent assay, [ELISA]) di generazione precedente sono altamente sensibili, ma, poiché non testano l'antigene, non sono positivi sin dal test di combinazione di 4a generazione. Inoltre, i risultati sono raramente falsi positivi. I test del saggio immuno-assorbente legato ad un enzima (enzyme-linked immunosorbent assay, [ELISA]) positivi vanno pertanto confermati mediante un test dotato di maggior specificità come la ricerca di proteine virali mediante Western Blot. Tuttavia, questi test hanno inconvenienti:

  • Il test del saggio immuno-assorbente legato ad un enzima (enzyme-linked immunosorbent assay, [ELISA]) richiede attrezzature complesse.

  • Il Western blot richiede tecnici addestrati, è costoso, e richiede diversi giorni o settimane perché i risultati siano disponibili.

  • Il sequenziamento virale richiede almeno un giorno.

La maggior parte delle impostazioni utilizza un test di differenziazione tra HIV-1/HIV-2 come test di conferma preferito, in sostituzione del complesso Western Blot. Inoltre, i test Western blot per l'HIV-1non rilevano in modo affidabile il sottotipo virale O prevalente in alcune regioni africane; se si considera l'HIV-2, deve essere richiesto uno speciale Western blot per l'HIV-2 (1). I test point-of-care (al letto del paziente) basati su sangue o saliva (p. es., basati su agglutinazione di particelle, immunoconcentrazione, immunocromatografia) possono essere eseguiti facilmente e rapidamente (in 15 min), consentendone l'esecuzione in diverse strutture sanitarie con risposta immediata ai pazienti. I risultati positivi di questi test diagnostici rapidi devono essere confermati da esami del sangue standard (p. es., test del saggio immuno-assorbente legato ad un enzima (enzyme-linked immunosorbent assay, [ELISA]) con o senza Western Blot) nei paesi ad alto reddito e con la ripetizione con uno o più altri test rapidi nei paesi con elevata incidenza dell'HIV. I test negativi non devono essere confermati.

Qualora l'infezione da HIV sia sospetta malgrado la negatività dei test anticorpali (p. es., durante le prime settimane dopo l'infezione), si deve cercare la presenza di RNA virale nel plasma. I test basati sull'amplificazione degli acidi nucleici e sono molto sensibili e specifici. L'analisi dell'RNA dell'HIVHIV richiede tecnologie avanzate, quali la reazione a catena della trascrittasi-polimerasi inversa (Reverse transcriptase–polymerase chain reaction [RT-PCR]) associata alla trascrizione inversa, estremamente sensibile a livelli molto bassi dell'RNA dell'HIV. Il dosaggio dell'antigene p24 mediante test del saggio immuno-assorbente legato ad un enzima (enzyme-linked immunosorbent assay, [ELISA]) è meno sensibile e specifico rispetto all'individuazione dell'HIV RNA nel sangue.

Stadiazione

L'infezione da HIV può essere stadiata in base alla conta dei CD4. Nei pazienti ≥ 6 anni, le fasi sono le seguenti:

  • Fase 1: ≥ 500 cellule/mcL

  • Fase 2: 200 a 499 cellule/mcL

  • Fase 3: < 200 cellule/mcL

Il conteggio dei CD4 dopo 1, 2 anni di trattamento fornisce un'indicazione sul recupero immunitario finale; la conta dei CD4 può non tornare nel range di normalità, nonostante la soppressione prolungata del virus HIV.

Monitoraggio

Quando l'HIV viene diagnosticato, quanto segue dev'essere determinato

  • Conta dei CD4

  • Livelli plasmatici di RNA dell'HIV

Entrambi sono utili per formulare una prognosi e impostare la terapia.

Il conteggio dei CD4 è calcolato come il prodotto di quanto segue:

  • Conta leucocitaria (p. es., 4000 cellule/mcL)

  • Percentuale di linfociti tra i globuli bianchi (p. es., 30%)

  • Percentuale di linfociti CD4+ (p. es., 20%)

Utilizzando i numeri sopra, la conta dei CD4 (4000 × 0,3 × 0,2) è di 240 cellule/mcL, o circa 1/3 della normale conta CD4 negli adulti, che è di circa 750 ± 250/mcL.

I livelli plasmatici di RNA dell'HIV (viremia o carica virale) riflettono il tasso di replicazione dell'HIV. Più alto è il punto di equilibrio o "set point" (definito come i livelli di viremia che si stabilizzano dopo l'infezione primaria), più rapida è la discesa dei linfociti T CD4+ e maggiore è il rischio di infezioni opportunistiche, anche in pazienti asintomatici.

Un genotipo HIV basale (esame del sangue) può essere richiesto se la carica virale dell'HIV è > 500 copie/mL; la disponibilità di questo test varia in base alla sede. La genotipizzazione dell'HIV viene utilizzata per identificare le mutazioni note che causano resistenza a determinati farmaci antiretrovirali e per aiutare a selezionare un regime farmacologico probabilmente efficace per un determinato paziente con infezione da HIV.

Diagnosi delle condizioni HIV-correlate

La diagnosi delle infezioni opportunistiche, delle neoplasie e delle altre patologie che possono manifestarsi nei pazienti HIV positivi sono trattate altrove nel Manuale. Molti quadri clinici sono peculiari dell'infezione da HIV.

Le patologie ematologiche (p. es., citopenie, linfomi, tumori) sono frequenti e possono essere diagnosticati mediante biopsia o agoaspirazione del midollo osseo. Questa procedura può anche aiutare a diagnosticare le infezioni disseminate da MAC (Mycobacterium avium complex), M. tuberculosis, Cryptococcus, Histoplasma, parvovirus umano B19, P. jirovecii e Leishmania. La maggior parte dei pazienti ha un midollo normo- o ipercellulare, in contrasto con la citopenia periferica, quale risposta alla distruzione cellulare periferica. I depositi di ferro sono di solito normali o aumentati come è tipico delle anemie associate a malattie croniche (con difettosa riutilizzazione del ferro). Una plasmocitosi lieve o moderata, la presenza di aggregati linfoidi, un aumentato numero di istiociti e delle alterazioni displastiche a carico delle cellule emopoietiche sono di comune osservazione.

Le sindromi neurologiche HIV-associate possono essere diagnosticate mediante puntura lombare con analisi del liquido cerebrospinale e mediante TC o RM del sistema nervoso centrale con contrasto (vedi tabella Manifestazioni comuni dell'infezione da HIV suddivise per apparato).

Riferimento relativo alla diagnosi

  1. 1. Centers for Disease Control and Prevention (CDC): Identification of HIV-1 group O infection—Los Angeles county, California, MMWR Morb Mortal Wkly Rep 45(26):561-565, 1996.

Screening per l'HIV

Test di screening anticorpali o nuovi test combinati antigenici/anticorpali devono essere offerti di routine ad adulti ed adolescenti, in particolare le donne incinte all'inizio di ogni gravidanza, indipendentemente dal rischio percepito. Negli individui a rischio maggiore, specialmente soggetti sessualmente attivi ad alta promiscuità e che non utilizzano i profilattici, il test deve essere ripetuto ogni 6-12 mesi. Il test è strettamente confidenziale, spesso gratuito, in molte strutture pubbliche e private di tutto il mondo.

I test rapidi hanno il vantaggio di offrire risultati preliminari del test già al primo incontro in meno di 25 minuti. Sono particolarmente utili per le persone che difficilmente torneranno per i risultati dei test. Alle persone che ricevono il test per l'HIV devono anche essere fornite informazioni su prevenzione, cure e servizi di trattamento.

Negli Stati Uniti, lo screening per l'infezione da HIV è raccomandato in tutti gli adolescenti e gli adulti di età compresa tra i 13 e i 64 anni e negli adolescenti giovani e negli anziani che sono a maggior rischio di infezione (vedi Centers for Disease Control and Prevention: Screening for HIV). Lo screening è raccomandato anche in tutte le donne in gravidanza, comprese quelle che si presentano nel travaglio o al momento del parto il cui status HIV è sconosciuto.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità suggerisce che, in ambienti con un elevato carico dell'HIV, il test per l'HIV deve essere eseguito utilizzando test rapidi per gli anticorpi e test immunoenzimatici (vedi Consolidated guidelines on HIV testing services, July 2019).

Trattamento dell'infezione da HIV

  • Combinazioni di farmaci antiretrovirali (terapia antiretrovirale, a volte chiamata terapia antiretrovirale altamente attiva o terapia antiretrovirale combinata)

  • Chemioprofilassi per le infezioni opportunistiche in pazienti ad elevato rischio

(Vedi anche Trattamento antiretrovirale dell'infezione da HIV.)

Il trattamento con terapia antiretrovirale è raccomandato per tutti i pazienti, perché le complicanze correlate alla malattia possono verificarsi anche in pazienti non trattati con elevata conta CD4 e perché la tossicità degli antiretrovirali è diminuita con lo sviluppo di nuovi farmaci.

I benefici della terapia antiretrovirale superano i rischi in ogni gruppo di pazienti e in setting attentamente studiati. Nello studio Strategic Timing of AntiRetroviral Treatment (START), 5472 pazienti naïve al trattamento con infezione da HIV e conta di CD4 > 350 cellule/mcL sono stati randomizzati per iniziare immediatamente l'ART (inizio immediato) o ritardare l'ART fino a che il loro conteggio CD4 è sceso a < 250 cellule/mcL (avvio differito). Il rischio di eventi associati all'AIDS (p. es., tubercolosi, sarcoma di Kaposi, linfomi maligni) e di eventi non correlati all'AIDS (p. es., tumore non-AIDS, malattie cardiovascolari) era più basso nel gruppo a iniziazione immediata (1).

Alcuni pazienti eccezionali possono controllare il loro ceppo dell'HIV senza trattamento, essi mantengono una normale conta dei CD4 e livelli ematici dell'HIV molto bassi (non-progressori a lungo termine) e una normale conta di CD4 e livelli impercettibili dell'HIV (elite controller). Questi pazienti possono non necessitare della terapia antiretrovirale, ma non sono stati fatti studi per determinare se per loro il trattamento è utile e sarebbe difficile farne, poiché questi pazienti non sono pochi e poiché probabilmente starebbero bene non assumendo terapia antiretrovirale per molto tempo.

Terapia antiretrovirale: principi generali

La terapia antiretrovirale si propone di

  • Ridurre i livelli plasmatici dell'RNA dell'HIV a un livello non rilevabile (ossia, < 20 a 50 copie/mL)

  • Ripristinare una conta di CD4 a un livello normale (ripristino o ricostituzione immunitari)

Una scarsa risposta della conta dei CD4 è più probabile se la conta dei CD4 all'inizio del trattamento è basso (specialmente se < 50/mcL) e/o il livello dell'RNA dell'HIV è alto. Tuttavia, un chiaro miglioramento si osserva generalmente anche in pazienti con avanzata immunodeficienza.

Un aumento della conta dei CD4 indica una corrispondente diminuzione del rischio d'infezioni opportunistiche, di altre complicanze e di mortalità. Con il ripristino della funzionalità immunitaria, possono migliorare persino quelle manifestazioni per le quali non esiste terapia specifica (p. es., il deficit cognitivo da HIV) o che in passato erano considerate incurabili (p. es., leucoencefalite multifocale progressiva). I risultati sono anche migliorati per i pazienti con tumori (p. es., linfomi e sarcoma di Kaposi) e la maggior parte delle infezioni opportunistiche.

I pazienti con infezioni opportunistiche acute traggono beneficio dell'inizio precoce della terapia antiretrovirale (iniziata durante la gestione dell'infezione opportunistica acuta). Tuttavia, per alcune infezioni opportunistiche, come la meningite tubercolare o la meningite criptococcica, l'evidenza suggerisce che la terapia antiretrovirale debba essere ritardata (da 2 a 4 settimane nella maggior parte dei casi) fino a quando la prima fase della terapia antimicrobica per queste infezioni sia finita a causa dell'aumento della frequenza di eventi avversi e morte.

Quasi tutti coloro che assumono medicine per l'HIV come prescritto possono raggiungere gli obiettivi della terapia antiretrovirale di solito entro 6 mesi dall'inizio del trattamento (Viral Suppression and an Undetectable Viral Load). Tuttavia, è difficile mantenere questo grado di aderenza terapeutica. Una soppressione parziale (impossibilità di abbassare la carica plasmatica di RNA virale a livelli non dimostrabili) spesso seleziona singole o multiple mutazioni accumulate dell'HIV che rende il virus parzialmente o completamente resistente a un singolo farmaco o a una classe di farmaci. A meno che il successivo trattamento utilizzi farmaci di altre classi, ai quali l'HIV rimane sensibile, è più probabile che il trattamento fallisca.

Il successo della terapia antiretrovirale è valutato misurando i livelli plasmatici di RNA virale ogni 8-12 settimane per i primi 4-6 mesi o fino a quando i livelli dell'HIV non sono più rilevabili e ogni 6 mesi successivamente. Livelli crescenti dell'HIV sono la prima prova del fallimento terapeutico e possono precedere una diminuzione della conta dei CD4 di diversi mesi. Il mantenimento di pazienti in terapie farmacologiche fallimentari seleziona mutanti dell'HIV più resistenti ai farmaci. Tuttavia, rispetto all'HIV wild-type, questi mutanti sembrano meno in grado di ridurre il numero di CD4, e in mancanza di terapie farmacologiche sono spesso continuate anche quando nessun regime completamente soppressivo può essere disponibile.

Se il trattamento fallisce, i test di sensibilità farmacologica (resistenza) permettono di determinare la sensibilità del ceppo dominante dell'HIV ai farmaci disponibili. Analisi genotipiche e fenotipiche sono disponibili e possono aiutare i medici a scegliere un nuovo regime che deve sempre contenere almeno 2 e preferibilmente 3 farmaci a cui il ceppo dell'HIV è sensibile. Il ceppo dominante dell'HIV circolante nel sangue dei pazienti in cui viene sospesa la terapia antiretrovirale può tornare a essere wild-type (ossia, che è sensibile) nel corso di mesi o anni perché mutanti resistenti replicano più lentamente e sono rimpiazzati da wild-type. Quindi, se i pazienti sono da tempo in assenza di terapia, la presenza di ceppi resistenti può non essere evidente, se non alla ripresa della terapia che li fa spesso riemergere dalla latenza e sostituire l'HIV wild-type.

Molti pazienti infettati dall'HIV stanno assumendo regimi complessi che coinvolgono più pillole per controllare il livello dell'RNA dell'HIV (carica virale), ma spesso non vengono eseguiti test di resistenza all'HIV RNA convenzionali quando il trattamento virale non ha avuto successo. Con la disponibilità di nuovi farmaci HIV concomitanti, molti pazienti potrebbero trarre beneficio dalla semplificazione del loro regime di terapia antiretrovirale, guidato dal test del genotipo dell'archivio del DNA dell'HIV (GenoSure Archive). L'archivio del genotipo del DNA dell'HIV fornisce dati sulla resistenza ai farmaci antiretrovirali dell'HIV-1 quando non è possibile eseguire il test della resistenza dell'HIV RNA poiché i pazienti hanno un basso livello dell'RNA dell'HIV nel plasma (< 500 copie/mL). Il test genotipico dell'archivio dell'HIV DNA analizza il DNA provirale dell'HIV-1 archiviato integrato e non integrato inserito nelle cellule ospiti. Il test amplifica il DNA HIV-1 associato alle cellule da cellule infette in campioni di sangue intero, quindi utilizza la tecnologia di sequenziamento di prossima generazione per analizzare la regione della polimerasi dell'HIV-1. Il valore predittivo positivo dei risultati del test di resistenza all'archiviazione dell'HIV DNA può consentire ai medici di identificare mutazioni di resistenza all'HIV precedentemente non identificate e di selezionare un regime potenzialmente più semplice con farmaci co-formulati (≥ 2 farmaci in un'unica pillola).

Sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria

I pazienti che iniziano la terapia antiretrovirale talvolta riferiscono un deterioramento clinico, nonostante l'incremento nella conta dei CD4 e la soppressione virale nel plasma, dovuto alla reazione immunitaria contro le infezioni opportunistiche subcliniche o agli antigeni microbici residui dopo il trattamento di successo delle infezioni opportunistiche. La sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria di solito si verifica nei primi mesi del trattamento dell'HIV, ma a volte è ritarda. La sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria può complicare praticamente tutte le infezioni e persino i tumori (p. es., sarcoma di Kaposi), ma solitamente è autolimitata o risponde a regimi brevi di corticosteroidi.

Esistono 2 forme di sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria:

  • Sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria paradossa, che si riferisce al peggioramento dei sintomi a causa di un'infezione precedentemente diagnosticata

  • Sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria non mascherata, che si riferisce alla prima comparsa di sintomi di un'infezione non precedentemente diagnosticata

La sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria paradossale si verifica tipicamente nei primi mesi di trattamento dell'HIV e solitamente, si auto-risolve. In caso contrario, i corticosteroidi, somministrati per un breve periodo, sono spesso efficaci. La sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria paradossa è più probabile che causi sintomi e i sintomi sono più severi quando la terapia antiretrovirale è iniziata subito dopo l'inizio del trattamento di un'infezione opportunistica. Pertanto, per alcune infezioni opportunistiche, la terapia antiretrovirale viene ritardata fino a quando il trattamento dell'infezione opportunistica ha ridotto o eliminato l'infezione.

Nei pazienti con sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria non mascherata, l'infezione opportunistica appena identificata viene trattata con farmaci antimicrobici. Occasionalmente, quando i sintomi sono gravi, vengono utilizzati anche i corticosteroidi. Di solito, quando si verifica la sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria non mascherata, la terapia antiretrovirale viene continuata. Un'eccezione è la meningite criptococcica. A questo punto la terapia antiretrovirale viene temporaneamente interrotta fino a quando l'infezione non è sotto controllo.

Determinare se il deterioramento clinico sia causato dal fallimento del trattamento, dall'insorgenza di una sindrome infiammatoria da ricostituzione immunitaria, o da entrambi richiede la valutazione della persistenza di infezioni attive e può essere complesso.

Interruzione della terapia antiretrovirale

L'interruzione della terapia antiretrovirale di solito è sicura se tutti i farmaci vengono arrestati simultaneamente, ma i livelli di farmaci metabolizzati lentamente (p. es., nevirapina, efavirenz) possono rimanere elevati e aumentare il così rischio di resistenza. L'interruzione può essere necessaria per il trattamento di malattie intercorrenti o se la tossicità da farmaci è intollerabile o necessita di rivalutazione. Dopo interruzione per individuare quale farmaco sia responsabile della tossicità, la reintroduzione della maggior parte dei farmaci in regime di monoterapia per alcuni giorni può essere tollerata. NOTA: la più importante eccezione è l'abacavir; i soggetti che hanno presentato febbre o rash nel corso di una precedente esposizione ad abacavir possono sviluppare reazioni di ipersensibilità gravi e potenzialmente fatali alla riesposizione. Il rischio di una reazione avversa all'abacavir è 100 volte più alto nei pazienti con HLA-B*57:01, che può essere rilevato dai test genetici.

Consigli ed errori da evitare

  • Ai pazienti che hanno avuto una reazione avversa all'abacavir non deve essere somministrato nuovamente il farmaco. Se vengono riesposti al farmaco, possono avere una reazione di ipersensibilità grave, potenzialmente fatale. Il rischio di una reazione avversa all'abacavir è 100 volte più alto nei pazienti con HLA-B*57:01, che può essere rilevato dai test genetici.

Prevenzione delle infezioni opportunistiche

(Vedi anche the United States Public Health Service and the HIV Medicine Association of the Infectious Diseases Society of America’s Guidelines for the Prevention and Treatment of Opportunistic Infections in Adults and Adolescents With HIV.)

Un'efficace chemioprofilassi è disponibile per molte infezioni opportunistiche e riduce il tasso di malattia da P. jirovecii, Candida, Cryptococcus, e MAC (Mycobacterium avium complex). Se la terapia ripristina la conta dei CD4 al di sopra dei valori di soglia per > 3 mesi, la chemioprofilassi può essere sospesa.

La profilassi primaria dipende dalla conta dei CD4:

  • Conta dei CD4 < 200/mcL o candidosi orofaringea (attiva o precedente): è raccomandata la profilassi per la polmonite da P. jirovecii. Le compresse a doppio dosaggio di sulfametossazolo/trimetoprim (SMX/TMP, cotrimossazolo), le compresse di cotrimoxazolo somministrate 1 volta/die o 3 volte/settimana sono efficaci. Alcuni effetti avversi possono essere ridotti con la somministrazione 3 volte/settimana o mediante un incremento graduale della dose. Alcuni pazienti che non tollerano il trimetoprim/sulfametossazolo possono essere trattati con dapsone (100 mg 1 volta/die). I pazienti con deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) sono a rischio di sviluppare emolisi grave con l'uso del dapsone e, pertanto, devono essere sottoposti a screening per carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) prima di utilizzare il dapsone. In una minoranza di pazienti che non tollerano entrambi i farmaci, e che presentino effetti avversi seri (p. es., febbre, neutropenia, rash), può essere usata la pentamidina aerosolizzata (300 mg 1 volta/die) o atovaquone (1500 mg 1 volta/die).

  • Conta dei CD4 < 50/mcL: la profilassi primaria contro la malattia disseminata da MAC non è raccomandata per gli adulti e gli adolescenti con HIV che iniziano immediatamente la terapia antiretrovirale. Le persone infettate dall'HIV che non ricevono una terapia antiretrovirale o che rimangono viremiche sotto terapia antiretrovirale ma non hanno opzioni attuali per un regime di terapia antiretrovirale completamente soppressiva devono ricevere una chemioprofilassi contro la malattia disseminata da MAC se hanno conta una CD4 < 50 cellule/mm3 (2). Profilassi contro il Mycobacterium Avium Complex (MAC) disseminato con azitromicina, claritromicina; se nessuno di questi farmaci è tollerato può essere usata la rifabutina. L'azitromicina può essere somministrata settimanalmente come due compresse da 600 mg; essa fornisce una protezione (70%) simile alla somministrazione giornaliera di claritromicina e non interagisce con altri farmaci.

Se si sospetta la tubercolosi latente (sulla base dei test cutanei alla tubercolina, test di rilascio dell'interferone-gamma, esposizione ad alto rischio, storia personale di tubercolosi attiva, o di soggiorno in una regione con alta prevalenza di tubercolosi), indipendentemente dal numero di CD4, ai pazienti deve essere somministrato isoniazide 5 mg/kg (fino a 300 mg) per via orale 1 volta/die più piridossina (vitamina B6) da 10 a 25 mg per via orale 1 volta/die per 9 mesi per evitare la riattivazione.

Per la prevenzione primaria di alcune infezioni fungine (p. es., candidosi esofagea), è efficace il fluconazolo assunto quotidianamente (100-200 mg 1 volta/die) benché sia raramente utilizzato a causa dell'elevato costo per singola infezione prevenuta e dato che tali patologie sono, in genere, diagnosticate e trattate con successo (3).

La profilassi secondaria (dopo il controllo dell'infezione iniziale) è indicata se i pazienti hanno riscontrato i seguenti:

  • Ricorrente candidosi orale, vaginale, o esofagea; coccidioidomicosi; o infezioni da criptococco: il farmaco d'elezione è il fluconazolo.

  • Istoplasmosi: il farmaco d'elezione è l'itraconazolo.

  • Toxoplasmosi latente: questa condizione asintomatica è diagnosticata dal riscontro di anticorpi (IgG) anti-Toxoplasma gondii. La combinazione trimetoprim/sulfametossazolo (in dosi uguali a quelle usate per prevenire la polmonite da P. jirovecii) previene la riattivazione del toxoplasma e la conseguente encefalite. L'infezione latente è meno frequente (interessa circa il 15% degli adulti) negli Stati Uniti che in Europa e nella maggior parte dei paesi con elevata incidenza dell'HIV (fino al 70-80% degli adulti).

  • P. jirovecii pneumonia

  • Infezione da virus herpes simplex

  • Aspergillosi (possibilmente)

Le linee guida dettagliate per la profilassi d'infezioni fungine (tra cui quella da Pneumocystis), virali, micobatteriche, e da toxoplasma sono disponibili su Clinical Info: Federally Approved Clinical Practice Guidelines for HIV/AIDS.

Vaccinazione

Le raccomandazioni del CDC del 2024 per la vaccinazione dei pazienti di età ≥ 19 anni con infezione da HIV comprendono le seguenti:

  • Ai pazienti che non hanno ricevuto un vaccino anti-pneumococcico coniugato o la cui precedente anamnesi vaccinale è sconosciuta devono essere somministrati PCV15 o PCV20; se viene somministrato PCV15, a seguito, somministrare PPSV23 ≥ 8 settimane dopo la dose di PCV15.

  • A tutti i pazienti deve essere somministrato ogni anno il vaccino contro l'influenza.

  • A tutti i pazienti deve essere somministrato il vaccino per l'epatite B.

  • Ai pazienti a rischio di epatite A o che desiderano protezione da essa deve essere somministrato un vaccino contro l'epatite A.

  • All'età del caso, maschi e femmine devono avere il vaccino contro il papillomavirus umano (HPV) per prevenire i tumori del collo dell'utero e anale correlate al papillomavirus umano.

  • Gli adulti che non sono stati precedentemente vaccinati con il vaccino contro il meningococco devono ricevere una serie primaria di 2 dosi di MenACWY a distanza di ≥ 8 settimane e rivaccinati ogni 5 anni.

  • I pazienti che non hanno ricevuto il vaccino Tdap (tetano, difterite, pertosse acellulare) come parte della loro serie di vaccini per il tetano-difterite (Td) completata devono ricevere Tdap per il loro successivo richiamo Td. Per i pazienti che stanno iniziando o continuando la loro serie di vaccini contro il tetano-difterite e che non hanno ancora ricevuto quello per il vaccino Tdap (tetano, difterite, pertosse acellulare), quest'ultimo deve essere sostituito con uno dei richiami per il tetano-difterite.

  • A tutti i pazienti deve essere somministrato il vaccino per l'herpes zoster ricombinante.

  • Il vaccino contro la varicella e il vaccino contro il morbillo, la parotite e la rosolia (MMR) possono essere somministrati ai pazienti con percentuale di CD4 ≥ 15% e conta di CD4 ≥ 200/mcL, ma questi vaccini sono controindicati nei pazienti con percentuale di CD4 < 15% o conta di CD4 < 200/mcL.

  • Le persone con HIV devono ricevere la serie completa di un vaccino COVID-19, indipendentemente dalla conta dei CD4 o dalla carica virale perché i potenziali benefici superano i rischi potenziali (4).

  • La vaccinazione contro l'Mpox è raccomandata per le persone con HIV a rischio di MPox. L'unico vaccino contro l'Mpox raccomandato per le persone infettate dall'HIV è il vaccinia Ankara modificato (Jynneos negli Stati Uniti), che è composto da un virus della vaccinia altamente attenuato, non replicante e ha un eccellente profilo di sicurezza.

Generalmente, devono essere utilizzati vaccini inattivati. Questi vaccini sono efficaci meno frequentemente nei pazienti che sono HIV-positivi rispetto a quelli che sono HIV-negativi.

Le donne in gravidanza infettate dall'HIV devono ricevere le vaccinazioni di routine raccomandate durante la gravidanza. Poiché i vaccini a virus vivi sono potenzialmente pericolosi per i pazienti con grave immunosoppressione, deve essere richiesta l'opinione di un esperto quando si tratta di pazienti a rischio di varicella primaria; le raccomandazioni variano (vedi informazioni sulla vaccinazione nei lattanti e bambini infetti da HIV e vedi tabella Considerazioni per l'uso di vaccini vivi nei bambini con infezione da HIV).

Riferimenti relativi al trattamento

Prognosi dell'infezione da HIV

Il rischio di HIV in stadio terminale, decesso o entrambi è predetto da quanto segue

  • Conta dei CD4 nel breve termine

  • Livelli plasmatici dell'RNA dell'HIV a più lungo termine

Per ogni incremento di 3 volte (0,5 log10) della viremia, il tasso di mortalità nei successivi 2-3 anni aumenta di circa il 50% (1-3). La morbilità e mortalità associate ad HIV variano in base alla conta dei CD4 con il maggior numero di morti per cause legate all'infezione da HIV per valori < 50/mcL. Tuttavia, con un'efficace terapia, i livelli di RNA virale plasmatici scendono a livelli non rilevabili, la conta dei CD4 spesso aumenta notevolmente, e diminuisce drasticamente il rischio di malattia e di morte ma rimane più alto rispetto a quello per le popolazioni della stessa età non infette da HIV (4). Quindi, una diagnosi tempestiva dell'HIV prima che la malattia sia troppo avanzata e l'inizio immediato del trattamento per l'HIV sono essenziali per la prognosi.

Un altro, non ben compreso fattore prognostico è il livello di attivazione del sistema immunitario determinato valutando l'espressione di marcatori di attivazione su linfociti CD4 e CD8. L'attivazione, che può essere causata dal passaggio di batteri attraverso la mucosa del colon danneggiata dall'HIV, è un forte predittore prognostico ma non viene utilizzato clinicamente perché questo test non è ampiamente disponibile e la terapia antiretrovirale cambia la prognosi, rendendo il test meno importante.

Un sottogruppo di persone con infezione da HIV (definiti non-progressori a lungo termine) rimane asintomatica e con alto numero di linfociti T CD4+ e, solitamente, bassi livelli dell'HIV nel sangue senza alcun trattamento antiretrovirale. Generalmente queste persone hanno vigorose risposte immunitarie cellulari al loro ceppo infettante dell'HIV come dimostrabile mediante saggi in vitro. L'estrema specificità della risposta immunitaria all'infezione da HIV è dimostrata dai seguenti esempi: quando queste persone acquisiscono una superinfezione da un secondo ceppo dell'HIV verso cui la loro risposta immunitaria non è efficace, hanno un andamento più tipico di progressione. Pertanto, la loro risposta insolitamente efficace al primo ceppo non si applica al secondo ceppo. Questi casi forniscono una spiegazione razionale per consigliare fortemente a persone già infettate da HIV di evitare l'esposizione a una possibile superinfezione da HIV attraverso rapporti sessuali non protetti o la condivisione di aghi.

La cura dell'infezione da HIV non è stata ritenuta possibile, e, quindi, il trattamento farmacologico per tutta la vita è ritenuto necessario. I pazienti infettati dall'HIV devono essere esortati ad assumere costantemente i propri farmaci antiretrovirali. È stato largamente riferito un esempio di cura funzionale in un lattante con eradicazione transitoria del virus HIV replicazione-competente dopo circa 15 mesi di terapia antiretrovirale (5). Tuttavia, la replicazione dell'HIV è stata successivamente ripresa (6). Anche l'interruzione periodica del trattamento per l'HIV è dannosa. In un ampio studio clinico internazionale, il rischio di infezione opportunistica o morte per qualsiasi causa, in particolare da coronaropatia precoce, eventi cerebrovascolari o disturbi epatici e renali, era significativamente più alto quando la terapia antiretrovirale è stata eseguita episodicamente (guidata dal conteggio CD4) rispetto quando è stato preso continuamente (7).

Cure di fine vita

Nonostante la terapia antiretrovirale abbia sensibilmente aumentato l'aspettativa di vita per i pazienti con AIDS, molti pazienti ancora presentano progressione di malattia e muoiono. La morte può derivare da:

  • Incapacità di assumere terapia antiretrovirale in modo coerente, con conseguente progressiva immunosoppressione

  • Presenza di infezioni opportunistiche e tumori incurabili

  • Insufficienza epatica a causa di epatite B o C

  • Invecchiamento accelerato e disturbi correlati all'età

  • Tumori non correlati all'AIDS che si verificano a un tasso più elevato in pazienti con infezione da HIV altrimenti ben controllata

Il decesso è di rado improvviso; perciò, i pazienti solitamente hanno il tempo di programmare la propria vita. Ciononostante, tali progetti devono essere registrati precocemente in un piano di delega durevole per ciò che concerne le cure mediche, con chiare istruzioni per l'assistenza in fase terminale. Devono essere approntati altri documenti legali, inclusi piani di delega e testamenti.

Quando i pazienti sono vicini alla morte, i medici devono prescrivere farmaci per alleviare il dolore, l'anoressia, l'agitazione e altri fastidiosi sintomi. La grave perdita di peso di molti soggetti negli ultimi stadi dell'HIV rende difficile la cura della cute. Il supporto completo fornito dai programmi di cure palliative aiuta molti pazienti perché i fornitori di cure palliative sono esperti nella gestione dei sintomi e supportano i caregiver e l'autonomia del paziente.

Riferimenti relativi alla prognosi

  1. 1. Mellors JW, Kingsley LA, Rinaldo CR, et al: Quantitation of HIV-1 RNA in plasma predicts outcome after seroconversion. Ann Internal Med 122(8):573-579, 1995. doi: 10.7326/0003-4819-122-8-199504150-00003

  2. 2. Mellors JW, Rinaldo CR, Gupta P, et al: Prognosis in HIV-1 infection predicted by the quantity of virus in plasma. Science 272(5265):1167-1170, 1996. doi:10.1126/science.272.5265.1167

  3. 3. Welles SL, Jackson JB, Yen-Lieberman B, et al: Prognostic value of plasma human immunodeficiency virus type 1 (HIV-1) RNA levels in patients with advanced HIV-1 disease and with little or no prior zidovudine therapy. AIDS Clinical Trials Group Protocol 116A/116B/117 Team. J Infect Dis 174(4):696-703, 1996. doi:10.1093/infdis/174.4.696

  4. 4. Park LS, Tate JP, Sigel K, et al: Association of viral suppression with lower AIDS-defining and non-AIDS-defining cancer incidence in HIV-infected veterans: A prospective cohort study. Ann Intern Med 169(2):87-96, 2018. doi:10.7326/m16-2094

  5. 5. Persaud D, Gay H, Ziemniak C, et al: Absence of detectable HIV-1 viremia after treatment cessation in an infant. N Engl J Med 369(19):1828-1835, 2013. doi:10.1056/NEJMoa1302976

  6. 6. Ledford H: HIV rebound dashes hope of 'Mississippi baby' cure. Nature 2014. doi.org/10.1038/nature.2014.15535

  7. 7. Strategies for Management of Antiretroviral Therapy (SMART) Study Group, El-Sadr WM, Lundgren J, et al: CD4+ count-guided interruption of antiretroviral treatment. N Engl J Med 355(22):2283-2296, 2006. doi: 10.1056/NEJMoa062360

Prevenzione dell'infezione da HIV

I vaccini contro l'HIV sono risultati difficili da sviluppare poiché le proteine di superficie dell'HIV mutano facilmente, inducendo un'enorme varietà antigenica. Tuttavia, vari potenziali vaccini sono in fase di studio, e alcuni hanno mostrato risultati promettenti in studi clinici. Al momento, non esiste un vaccino efficace contro l'HIV.

Prevenzione della trasmissione

Alcuni microbicidi vaginali (compresi i farmaci antiretrovirali) applicati prima del contatto sessuale si sono dimostrati inefficaci, e alcuni sembrano aumentare il rischio per le donne, forse perché causano danni cellulari e quindi riducono le barriere naturali contro l'HIV.

Possibili reperti comprendono i seguenti:

  • Istruzione pubblica: l'educazione pubblica è efficace e sembra aver ridotto l'incidenza dell'infezione in alcuni paesi, soprattutto Tailandia e Uganda. Dato che i rapporti sessuali sono responsabili della maggior parte dei casi, le campagne di sensibilizzazione per evitare pratiche sessuali a rischio sono la misura più rilevante (vedi tabella Rischio di trasmissione dell'HIV per diverse attività sessuali).

  • Pratiche sessuali sicure: le persone che sono portatori dell'HIV che non hanno ottenuto la soppressione virale (ossia, che non hanno una carica virale non rilevabile) devono praticare comportamenti sessuali sicuri che sono essenziali per prevenire la diffusione dell'infezione. Le persone con soppressione virale infettate dall'HIV non trasmettono il virus ai loro partner per via sessuale (1). Pratiche sessuali più sicure devono essere utilizzate da un paziente infettato dall'HIV, la cui infezione non è viralmente soppressa indipendentemente del soggeto con chi si hanno rapporti sessuali. Le pratiche sessuali sicure sono anche consigliate quando entrambi i partner sono sieropositivi e uno o entrambi i partner non ha una soppressione virale; il sesso non protetto tra persone con infezione da HIV non soppressa può esporre una persona a ceppi resistenti o più virulenti dell'HIV. Inoltre, le pratiche sessuali sicure aiutano a prevenire la trasmissione di altri virus (p. es., cytomegalovirus, virus di Epstein-Barr, virus herpes simplex, virus dell'epatite B) che causano malattie gravi nei pazienti con HIV in stadio terminale, così come a prevenire la trasmissione della sifilide e di altre infezioni sessualmente trasmissibili, comprese malattie come la gonorrea multiresistente ai farmaci e la Neisseria meningitidis trasmessa sessualmente. I preservativi offrono la migliore protezione. Dei lubrificanti a base di olio non devono essere utilizzati perché possono sciogliere il lattice, aumentando il rischio di fallimento del preservativo. (Vedi anche the Center for Disease Control and Prevention (CDC) information on HIV Transmission.)

  • Counseling per gli utenti per uso parenterale: l'informazione sui rischi legati allo scambio di aghi è importante, ma probabilmente più efficace se combinata con la fornitura di aghi sterili e siringhe per ridurre la trasmissione dell'HIV e altri virus di provenienza ematica che sono acquisiti condividendo attrezzatura per iniezioni contaminata, con terapie di disintossicazione e con la riabilitazione.

  • Test confidenziali per l'infezione da HIV: il test deve essere offerto di routine agli adolescenti sessualmente attivi e agli adulti (da 13 a 75 anni) in praticamente tutte le situazioni sanitarie. Per facilitare i test di routine, in alcuni Stati degli Stati Uniti non è più necessario il consenso scritto o una fase di consulenza prima del test.

  • Counseling per le donne incinte: la trasmissione madre-figlio è stata praticamente eliminata dal test per l'HIV, dal trattamento con la terapia antiretrovirale, e, nei paesi ad alto reddito, l'uso di sostituti del latte materno. Se le donne incinte sono hanno un'infezione da HIV nota o se il test per l'HIV è positivo, devono essere informate del rischio di trasmissione da madre a figlio. Le donne in gravidanza con infezione da HIV devono essere incoraggiate ad accettare la terapia per prevenire l'infezione del feto o del neonato, in genere a partire da circa 14 settimane di gestazione. La terapia di combinazione è in genere utilizzata perché è più efficace della monoterapia e meno facilmente causa resistenza ai farmaci. Alcune terapie possono essere tossiche per il feto o per la madre e devono essere evitate. Se le donne soddisfano i criteri per assumere la terapia antiretrovirale, devono iniziare un trattamento adattato in base all'anamnesi, allo stadio della gravidanza e continuato durante tutta la gravidanza. Il parto cesareo può anche ridurre il rischio di trasmissione. Indipendentemente dal regime pre-parto usato o modalità di parto, a tutte le donne infettate da HIV devono essere somministrati zidovudina EV durante il travaglio, e dopo la nascita, ai neonati devono essere somministrati zidovudina orale, che è continuato per 6 settimane dopo il parto (vedi anche Prevenzione della trasmissione perinatale). Alcune donne scelgono di interrompere la gravidanza poiché l'HIV può essere trasmesso in utero al feto o per altre ragioni.

  • Screening del sangue e degli organi: la trasmissione da trasfusione di sangue è ancora remotamente possibile negli Stati Uniti dato che i risultati dei test anticorpali possono essere falsamente negativi durante le fasi precoci dell'infezione. Al momento attuale, lo screening del sangue per l'antigene p24 e il relativo anticorpi è obbligatorio negli Stati Uniti e probabilmente garantisce un'ulteriore riduzione del rischio di trasmissione. Il rischio è ridotto ulteriormente chiedendo ai soggetti con fattori di rischio per l'infezione da HIV, anche con risultati recenti negativi al test degli anticorpi, di non donare sangue né organi per il trapianto. La Red Cross (Croce Rossa) ha emesso una guida per il differimento della donazione di sangue, compreso il differimento per aver avuto un nuovo partner sessuale o più di un partner sessuale nei 3 mesi precedenti e aver avuto rapporti sessuali anali negli ultimi 3 mesi (vedi American Red Cross Blood Donation Eligibility Criteria: Alphabetical ). Tuttavia, l'uso di test di screening HIV sensibili e il differimento dei donatori di organi, di sangue e dei prodotti sanguigni non sono stati attuati in modo coerente nei paesi con elevata incidenza dell'HIV.

  • Profilassi pre-esposizione (PrEP) con farmaci antiretrovirali: nella profilassi pre-esposizione (PrEP) con farmaci antiretrovirali, le persone che non sono infettate dall'HIV, ma che sono ad alto rischio (p. es., hanno un partner sessuale portatore dell'HIV) prendono un farmaco antiretrovirale quotidianamente per ridurre il rischio di infezione. Il CDC raccomanda la profilassi pre-esposizione (PrEP) per gli adulti e gli adolescenti sessualmente attivi di peso ≥ 35 kg che riferiscono comportamenti sessuali che li mettono a rischio sostanziale di infezione dall'HIV. Il CDC raccomanda anche la profilassi pre-esposizione (PrEP) per coloro che iniettano sostanze e riferiscono pratiche di iniezione che li mettono a sostanziale rischio di infezione da HIV. La combinazione di tenofovir disoproxil fumarato più emtricitabina (tenofovir disoproxil fumarato/emtricitabina [TDF/FTC]) o tenofovir alafenamide-emtricitabina (TAF-FTC) può essere utilizzata. L'uso della profilassi pre-esposizione (PrEP) con farmaci antiretrovirali non elimina la necessità di utilizzare altri metodi per ridurre il rischio di infezione da HIV, tra cui utilizzare preservativi e evitare comportamenti ad alto rischio (p. es., la condivisione di aghi). I dati relativi ai bambini di madri HIV-negative che assumono una profilassi pre-esposizione (PrEP) con tenofovir disoproxil fumarato/emtricitabina (TDF/FTC) durante la gravidanza sono incompleti, ma al momento, non sono stati segnalati effetti avversi in bambini nati da donne con infezione da HIV trattati con tenofovir disoproxil fumaratoemtricitabina (TDF/FTC). L'utilizzo della profilassi pre-esposizione (PrEP) con farmaci antiretrovirali per ridurre il rischio di infezione da HIV nei tossicodipendenti per via iniettiva è in fase di studio. Agenti antiretrovirali a lunga durata d'azione (ossia, cabotegravir LA [long acting], un inibitore iniettabile dell'integrasi che viene somministrato ogni 8 settimane, è indicato per la PrEP in adulti e adolescenti che pesano almeno 35 kg). . Per le attuali raccomandazioni del CDC, vedi Preexposure Prophylaxis for the Prevention of HIV Infection in the United States – Clinical Practice Guideline.

  • Circoncisione di uomini: dati provenienti da giovani uomini africani mostrano che la circoncisione riduce il rischio di contrarre l'infezione da HIV da parte dei partner di sesso femminile durante il sesso vaginale di circa il 50%; la circoncisione maschile è probabilmente altrettanto efficace in altre popolazioni di pazienti maschi. Non si sa se la circoncisione maschile riduca la trasmissione dell'HIV da uomini sieropositivi alle donne o se riduca il rischio di contrarre l'HIV da un partner maschile infetto.

  • Precauzioni universali: medici e dentisti devono indossare i guanti in situazioni che possono comportare il contatto con le mucose o i liquidi corporei e deve imparare a evitare le punture accidentali con aghi. Coloro che fanno assistenza domiciliare ai pazienti affetti da HIV devono indossare i guanti in caso di rischio di esposizione delle mani a liquidi corporei. Le superfici o gli strumenti contaminati da sangue o da altri liquidi corporei devono essere pulite e disinfettate. Disinfettanti efficaci comprendono calore, perossido d'idrogeno, alcoli, fenoli e ipoclorito (candeggina). L'isolamento dei pazienti HIV positivi non è necessario se non nel caso di alcune infezioni opportunistiche attive (p. es., tubercolosi).

  • Trattamento dell'infezione da HIV: il trattamento con terapia antiretrovirale riduce il rischio di trasmissione.

Profilassi post-esposizione

Le conseguenze potenziali di esposizione al virus HIV hanno portato allo sviluppo di politiche e procedure, in particolare di terapia preventiva, per ridurre il rischio di infezione degli operatori sanitari.

Il trattamento preventivo è indicato dopo

  • Lesioni penetranti che coinvolgono il sangue con infezione da HIV (di solito punture)

  • Massiccia esposizione mucosale (occhi o cavo orale) a liquidi infetti del corpo come sperma, liquidi vaginali o altri liquidi del corpo che contengono sangue (p. es., liquido amniotico)

I liquidi corporei come la saliva, urina, lacrime, secrezioni nasali, vomito, o il sudore non sono considerati potenzialmente infettivi a meno che non siano visibilmente contaminati da sangue.

Dopo l'esposizione iniziale al sangue, l'area esposta deve venir immediatamente pulita con acqua e sapone per le esposizioni della cute e con un antisettico per le ferite da punta. Se vi è stata esposizione mucosale è fondamentale detergere abbondantemente con acqua.

Di seguito vengono documentati:

  • Tipo di esposizione

  • Tempo trascorso dal momento che l'esposizione

  • Informazioni cliniche (tra cui i fattori di rischio e i risultati dei test sierologici per HIV), fonte di esposizione (persona infetta) e persona esposta

Il tipo di esposizione è definito da

  • Quale liquido corporeo sia stato coinvolto

  • Se l'esposizione abbia comportato una ferita penetrante (p. es., puntura, taglio con oggetti aguzzi) e quanto la ferita sia profonda

  • Se il liquido sia entrato in contatto con cute non integra (p. es., cute abrasa o screpolata) o con mucose

Il rischio di infezione è circa 0,3% (1:300) per una tipica esposizione percutanea e circa 0,09% (1:1100) dopo l'esposizione delle mucose. Tali rischi variano, riflettendo la quantità dell'HIV trasferita alla persona con la ferita; la quantità dell'HIV trasferita è influenzata da molteplici fattori, tra cui la carica virale di sorgente e il tipo di ago (p. es., cavo o pieno). Tuttavia, questi fattori non sono più presi in considerazione nelle raccomandazioni della profilassi post-esposizione.

La sorgente è classificata in base all'essere nota o sconosciuta. Se l'origine è sconosciuta (p. es., un ago lasciato per strada o in un contenitore per lo smaltimento di materiali appuntiti e taglienti), il rischio deve essere valutato in base alle circostanze dell'esposizione (p. es., se l'esposizione si sia verificata in una zona dove il consumo di droga iniettabile è frequente, se l'ago sia stato trovato in una struttura sanitaria). Se la sorgente è nota, ma non è noto lo stato d'infezione da HIV, la fonte deve essere valutata per la presenza di fattori di rischio per HIV, e la profilassi deve essere presa in considerazione.

L'obiettivo è quello di iniziare la profilassi post-esposizione immediatamente dopo l'esposizione qualora la profilassi sia giustificata. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) raccomandano di fornire profilassi post-esposizione entro 24-36 h dall'esposizione; in caso di un intervallo più lungo dopo l'esposizione è necessario consultare un esperto.

L'uso di profilassi post-esposizione è determinato dal rischio di infezione; linee guida raccomandano la terapia antiretrovirale con ≥ 3 farmaci antiretrovirali somministrati per 28 giorni (2). I farmaci devono essere attentamente selezionati per ridurre al minimo gli effetti avversi e di fornire un programma di dosaggio conveniente e quindi favorire il completamento della profilassi post-esposizione. I regimi preferiti comprendono una combinazione di 2 inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa (NRTI) e un inibitore dell'integrasi, sia bictegravir-emtricitabina-tenofovir alafenamide o dolutegravir in combinazione con tenofovir disoproxil fumarato-emtricitabina (TDF/FTC) o tenofovir alafenamide-emtricitabina (TAF/FTC). Un regime alternativo basato sugli inibitori dell'integrasi è il raltegravir (400 mg 2 volte/die) con TDF/FTC o TAF/FTC somministrati 1 volta/die. In rare occasioni in cui un regime basato sugli inibitori dell'integrasi non può essere utilizzato, il TDF/FTC o il TAF/FTC possono essere associati con l'inibitore della proteasi potenziato, darunavir. (Per le raccomandazioni dettagliate, vedi The 2022 Recommendations of the International Antiviral Society—USA Panel: Antiretroviral Drugs for Treatment and Prevention of HIV Infection in Adults.)

Se la sorgente del virus è nota o sospettata di essere portatrice di varianti virali farmaco-resistenti a 1 farmaco, deve essere consultato un esperto in terapia antiretrovirale. Tuttavia, i medici non devono ritardare l'inizio della profilassi post-esposizione in attesa di esperti o di verificare la presenza di eventuali farmacoresistenze. Inoltre, i medici devono fornire una valutazione immediata e una consulenza diretta e non ritardare un follow-up.

Nelle pazienti che possono diventare o sono in gravidanza, i regimi di profilassi post-esposizione sono simili a quelli per i pazienti non in gravidanza, tra cui TDF/FTC o TAF/FTC 1 volta/die più dolutegravir (50 mg 1 volta/die) o raltegravir (400 mg 2 volte/die). Il bictegravir-emtricitabina-tenofovir alafenamide è generalmente evitato nelle donne in gravidanza e in quelle in età fertile che non sono in contraccezione efficace perché ci sono dati limitati sul suo uso durante la gravidanza (3).

Riferimenti relativi alla prevenzione

  1. 1. Rodger AJ, Cambiano V, Bruun T, et al: Sexual activity without condoms and risk of HIV transmission in serodifferent couples when the HIV-positive partner is using suppressive antiretroviral therapy. JAMA 316(2):171-81, 2016. doi:10.1001/jama.2016.5148

  2. 2. Centers for Disease Control and Prevention: US Public Health Service: Preexposure prophylaxis for the prevention of HIV infection in the United States—2021 Update: A clinical practice guideline. Consultato il 13/05/2024.

  3. 3. Gandhi RT, Bedimo R, Hoy JF, et al: Antiretroviral drugs for treatment and prevention of HIV infection in adults: 2022 Recommendations of the International Antiviral Society-USA Panel. JAMA 329(1):63-84, 2023. doi:10.1001/jama.2022.22246

Punti chiave

  • L'HIV infetta i linfociti CD4+ e quindi interferisce con l'immunità della cellula-mediata e, in misura minore, di quella umorale.

  • L'HIV si diffonde principalmente attraverso il contatto sessuale, l'esposizione parenterale a sangue o tessuti o organi trapiantati e la trasmissione verticale (in utero, durante il parto o attraverso l'allattamento).

  • Mutazioni virali frequenti in combinazione con il danno al sistema immunitario compromettono in maniera significativa la capacità del corpo di eliminare l'infezione da HIV.

  • Si possono sviluppare diverse infezioni opportunistiche e tumori che sono solitamente causa di morte nei pazienti non trattati.

  • Diagnosticare mediante test anticorpali, e monitorare misurando la carica virale e la conta dei CD4.

  • Trattare con una combinazione di farmaci antiretrovirali, in grado di ripristinare una quasi normale funzione immunitaria nella maggior parte dei pazienti, se si prendono i farmaci in modo coerente.

  • Periodicamente consigliare ai pazienti infettati dall'HIV di avere rapporti sessuali sicuri.

  • Utilizzare una profilassi post-esposizione e pre-esposizione antiretrovirale quando indicato.

  • Somministrare la profilassi primaria contro le infezioni opportunistiche in base alla conta dei CD4.

Per ulteriori informazioni

Le seguenti risorse in lingua inglese possono essere utili. Si noti che il Manuale non è responsabile per il contenuto di queste risorse.

  1. CDC 2024 Immunization Schedule: Recommended adult immunization schedule by medical condition and other indications

  2. Guidelines for the Use of Antiretroviral Agents in HIV-1-Infected Adults and Adolescents: Drug-Drug Interactions: Information regarding pharmacokinetic (PK) drug-drug interactions between antiretroviral (ARV) drugs and concomitant medications that are common and may lead to increased or decreased drug exposure

  3. Guidelines for Prevention and Treatment of Opportunistic Infections in HIV-Infected Adults and Adolescents

  4. Guidelines on Post-Exposure Prophylaxis for HIV and the Use of Co-Trimoxazole Prophylaxis for HIV-Related Infections Among Adults, Adolescents and Children: Recommendations for a public health approach - December 2014 supplement to the 2013 consolidated ARV guidelines

  5. National Institutes of Health's AIDSInfo: HIV-related research information from the NIH’s Office of AIDS Research (OAR), the National Institute Of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), and the U.S. National Library of Medicine (NLM)

  6. CDC: Post-Exposure Prophylaxis (PEP): Resources for providers and consumer regarding the use of antiretroviral drugs after a single high-risk event to stop HIV seroconversion

  7. Primary Care Guidelines for the Management of Persons Infected with Human Immunodeficiency Virus: 2020 Update by the HIV Medicine Association of the Infectious Diseases Society of America: Evidence-based guidelines for the management of people infected with HIV

  8. Updated U.S. Public Health Service Guidelines for the Management of Occupational Exposures to HIV and Recommendations for Postexposure Prophylaxis (PEP): Updated recommendations regarding HIV PEP regimens and the duration of HIV follow-up testing for exposed personnel

  9. American Red Cross Blood Donation Eligibility Criteria: Alphabetical: documento di orientamento rivisto che fornisce centri ematologici che raccolgono sangue o componenti del sangue, tra cui il plasma di origine, con raccomandazioni di differimento del donatore rivisti per gli individui con aumentato rischio di trasmissione dell'infezione da HIV

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