Shock

DiLevi D. Procter, MD, Virginia Commonwealth University School of Medicine
Revisionato/Rivisto mag 2024
Visualizzazione l’educazione dei pazienti

Lo shock è uno stato di ipoperfusione d'organo con conseguente disfunzione e lesione cellulare. I meccanismi possono coinvolgere la riduzione del volume circolante, della gittata cardiaca e la vasodilatazione, a volte con l'esclusione del letto capillare dalla perfusione ematica. I sintomi comprendono l'alterazione dello stato mentale, la tachicardia, l'ipotensione e l'oliguria. La diagnosi è per lo più clinica, basata su una combinazione caratteristica di segni e sintomi (tra cui ipotensione, tachicardia, tachipnea, oliguria e ottundimento) e talvolta supportata dalla misurazione dei marcatori di ipoperfusione tissutale (p. es., lattato nel sangue, deficit di basi). Il trattamento consiste nella rianimazione con liquidi, compresi emoderivati, se necessario, nella correzione della patologia di base e talvolta nei vasopressori.

(Vedi anche Sepsi e shock settico.)

Fisiopatologia dello shock

L'alterazione principale nello shock è rappresentata dalla ridotta perfusione degli organi vitali. Una volta che la perfusione si riduce e il rilascio di ossigeno è inadeguato per il metabolismo aerobico, le cellule passano a un metabolismo anaerobico con un aumento della produzione di diossido di carbonio e livelli elevati di lattato nel sangue. La funzione cellulare si riduce, e se lo shock persiste, si verificano un danno cellulare irreversibile e la morte della cellula.

Durante lo shock, nelle aree ipoperfuse possono essere innescati gli eventi della cascata sia infiammatoria sia coagulativa. Le cellule ipossiche dell'endotelio vascolare attivano i globuli bianchi, che si legano all'endotelio e rilasciano direttamente sostanze dannose (p. es., specie reattive dell'ossigeno, enzimi proteolitici) e mediatori infiammatori (p. es., citochine, leucotrieni, tumor necrosis factor [TNF]). Alcuni di questi mediatori si legano ai recettori di superficie cellulare e attivano il fattore nucleare kappa B (NFκB), che determina la produzione di ulteriori citochine e di ossido nitrico, un potente vasodilatatore. La coagulazione intravascolare disseminata può talvolta derivare dall'attivazione di queste cascate.

Esistono sono vari meccanismi di shock, descritti di seguito. Lo shock settico, un tipo di shock distributivo, può essere più proinfiammatorio di altre forme di shock per l'azione delle tossine batteriche, in particolare dell'endotossina.

La pressione arteriosa non sempre è bassa nelle prime fasi dello shock (anche se alla fine l'ipotensione compare se lo shock non viene corretto). Allo stesso modo, non tutti i pazienti con pressione arteriosa "bassa" hanno uno shock. Il grado e le conseguenze dell'ipotensione variano in base all'adeguatezza del compenso fisiologico e alle patologie di base del paziente. Perciò, un modesto grado di ipotensione ben tollerato da un soggetto giovane e relativamente sano può provocare un grave danno cerebrale, cardiaco o renale in una persona anziana affetta da un'arteriosclerosi importante.

Compensazione dello shock

All'inizio, quando l'apporto di ossigeno (DO2) è ridotto, i tessuti compensano estraendo una maggiore percentuale di ossigeno somministrato. La bassa pressione arteriosa scatena una risposta adrenergica con una vasocostrizione simpatico-mediata e spesso un incremento della frequenza cardiaca. Inizialmente, la vasocostrizione è selettiva e realizza uno shunt del sangue verso il cuore e il cervello e lontano dalla circolazione splancnica. Anche le ammine beta-adrenergiche circolanti (adrenalina, noradrenalina) determinano un incremento della contrattilità cardiaca e stimolano il rilascio di

  • Corticosteroidi provenienti dalla ghiandola surrenale

  • Renina dai reni

  • Glucosio dal fegato

I corticosteroidi aumentano gli effetti delle catecolamine. La renina stimola la ritenzione di volume e la vasocostrizione. L'aumento del glucosio aumenta la captazione del piruvato nei mitocondri, che aumenta la produzione di lattato quando non c'è abbastanza ossigeno.

Riperfusione dopo lo shock

Con la risoluzione dello shock, la riperfusione delle cellule ischemiche può causare ulteriori danni. Quando viene reintrodotto il substrato, l'attività dei neutrofili può aumentare, incrementando la produzione di radicali dannosi superossidi e idrossilici. Dopo il ripristino del flusso ematico, i mediatori dell'infiammazione concentrati localmente possono essere fatti circolare ad altri organi.

Sindrome da disfunzione multiorgano

L'associazione del danno diretto e di quello da riperfusione può determinare una sindrome da disfunzione multiorgano, la progressiva disfunzione ≥ 2 organi conseguente a una patologia o lesione potenzialmente fatale. La sindrome da disfunzione multiorgano può far seguito a qualsiasi tipo di shock ma nella maggior parte dei casi si verifica quando è presente un'infezione; l'insufficienza d'organo è una delle caratteristiche specifiche dello shock settico. La sindrome da disfunzione multiorgano si verifica anche nel > 10% dei pazienti con gravi lesioni traumatiche e rappresenta la causa principale di decesso in quelli che sopravvivono > 24 h.

Consigli ed errori da evitare

  • La sindrome da disfunzione multiorgano è la disfunzione progressiva di ≥ 2 organi dovute a malattie o lesioni potenzialmente letali.

Qualsiasi organo può essere colpito, ma il bersaglio più frequente è rappresentato dai polmoni, in cui l'aumento della permeabilità di membrana determina il riempimento degli alveoli e un'ulteriore infiammazione. L'ipossia progressiva può essere sempre più resistente alla terapia con ossigeno supplementare. Questa condizione viene definita come danno polmonare acuto o, se grave, sindrome da distress respiratorio acuto.

I reni vengono danneggiati quando la loro perfusione si riduce in modo critico, determinando una necrosi tubulare acuta e un'insufficienza renale che si manifesta con l'oliguria e un progressivo incremento della creatinina sierica.

Nel cuore, la ridotta perfusione coronarica e i mediatori infiammatori aumentati (tra cui il TNF e l'IL-1) possono deprimere la contrattilità, peggiorare la compliance miocardica e sottoregolare i recettori beta. Possono verificarsi aritmie. Questi fattori riducono la gittata cardiaca, peggiorando ulteriormente sia la perfusione miocardica che quella sistemica e causano un circolo vizioso che spesso culmina nel decesso.

Nel tratto gastrointestinale, possono svilupparsi ileo ed emorragia sottomucosa. L'ipoperfusione epatica può determinare una necrosi epatocellulare focale o diffusa, un aumento delle transaminasi e della bilirubina e una ridotta produzione dei fattori di coagulazione.

La coagulazione può essere compromessa, fino ad arrivare alla manifestazione più grave, la coagulopatia intravascolare disseminata.

Eziologia e classificazione dello shock

Ci sono diversi meccanismi responsabili dell'ipoperfusione d'organo e dello shock. Lo shock può essere dovuto a

  • Un volume circolante basso (shock ipovolemico)

  • Vasodilatazione (shock distributivo)

  • Una riduzione primaria nella gittata cardiaca (shock cardiogeno e ostruttivo)

  • Una combinazione

Shock ipovolemico

Lo shock ipovolemico è causato da una riduzione critica del volume intravascolare. La diminuzione del ritorno venoso (precarico) determina una riduzione del riempimento ventricolare e del volume di eiezione. A meno che non sia compensata da un incremento della frequenza cardiaca, la gittata cardiaca si riduce.

Una causa frequente è rappresentata dal sanguinamento (shock emorragico), generalmente dovuto a traumi, interventi chirurgici, ulcera gastroduodenale, varici esofagee o rottura dell'aneurisma aortico. Il sanguinamento può essere evidente (p. es., ematemesi, melena) o nascosto (p. es., rottura di una gravidanza ectopica).

Lo shock ipovolemico può far seguito anche all'aumento delle perdite di liquidi corporei oltre che del sangue (non emorragico, vedi tabella Shock ipovolemico causato da deplezione di liquidi).

Tabella

Lo shock ipovolemico può essere dovuto all'inadeguata assunzione di liquidi (con o senza perdita di liquidi). L'acqua può non essere disponibile, l'invalidità neurologica può compromettere il meccanismo della sete o la disabilità fisica può comprometterne la capacità di introdurre liquidi.

Nei pazienti ospedalizzati, l'ipovolemia può risultare peggiorata se i segni precoci dell'insufficienza circolatoria vengono erroneamente attribuiti a uno scompenso cardiaco e si evita la somministrazione di liquidi o si somministrano diuretici.

Shock distributivo

Lo shock distributivo è causato da un'inadeguatezza relativa del volume intravascolare determinata da una vasodilatazione arteriosa o venosa; il volume del sangue circolante è normale. In alcuni casi, la gittata cardiaca (e DO2) è elevata, ma il flusso ematico aumentato bypassa il letto capillare; questo bypass attraverso gli shunt arterovenosi ossigeno causa ipoperfusione cellulare (come dimostrato dalla riduzione del consumo di ossigeno). In altre situazioni, il sangue ristagna nel letto venoso di capacità e la gittata cardiaca diminuisce.

Lo shock distributivo può essere causato da

  • Anafilassi (shock anafilattico)

  • Infezione batterica con rilascio di endotossina (shock settico) o rilascio di esotossina (shock tossico)

  • Grave lesione del midollo spinale, di solito sopra T4 (shock neurogeno)

  • Ingestione di alcuni farmaci (p. es., nitrati, oppiacei o bloccanti adrenergici) o veleni (shock indotto da tossine)

Nello shock settico, la vasodilatazione dei vasi di capacità porta a stasi ematica e ipotensione per ipovolemia "relativa" (ossia, troppo volume da riempire con la quantità di sangue presente). La vasodilatazione localizzata può deviare il sangue al di là del letto di scambio capillare, causando un'ipoperfusione focale, pur essendo normali la gittata cardiaca e la pressione arteriosa. Inoltre, l'eccesso di ossido nitrico viene convertito in perossinitrito, un radicale libero che danneggia i mitocondri e riduce la produzione di adenosina trifosfato (ATP). In caso di shock settico, il flusso di sangue ai microvasi compresi i capillari si riduce, anche se il flusso ematico nei grossi vasi è conservato. Un'ostruzione meccanica del microcircolo può, almeno in parte, essere la causa di un tale limitato apporto di substrati. I leucociti e le piastrine aderiscono all'endotelio come parte della cascata della coagulazione, causando la conversione del fibrinogeno in fibrina e stabilizzando il tappo piastrinico.

Molteplici mediatori, insieme alla disfunzione delle cellule endoteliali, incrementano marcatamente la permeabilità capillare, consentendo ai liquidi e, a volte, alle proteine plasmatiche di migrare nello spazio interstiziale (1, 2, 3). Nel tratto gastrointestinale, l'aumento della permeabilità può consentire la traslocazione di batteri enterici dal lume, causando potenzialmente sepsi o infezione metastatica.

L'apoptosi dei neutrofili può essere inibita, e ciò potenzia il rilascio dei mediatori della flogosi. In altre cellule, l'apoptosi può essere aumentata, incrementando la morte cellulare e provocando quindi un peggioramento della funzionalità d'organo.

Lo shock anafilattico e quello settico spesso hanno anche una componente di ipovolemia.

Shock cardiogeno e ostruttivo

Lo shock cardiogeno è rappresentato da una riduzione relativa o assoluta della gittata cardiaca dovuta a una cardiopatia primitiva. Lo shock ostruttivo è causato da fattori meccanici che interferiscono con il riempimento o lo svuotamento del cuore o dei grossi vasi. Le cause sono elencate nella tabella Meccanismi dello shock ostruttivo e cardiogeno.

Tabella

Riferimenti per l'eziologia e la classificazione

  1. 1. Salmon AH, Satchell SC: Endothelial glycocalyx dysfunction in disease: Albuminuria and increased microvascular permeability. J Pathol 226:562–74, 2012. doi: 10.1002/path.3964

  2. 2. Chelazzi C, Villa G, Mancinelli P, et al: Glycocalyx and sepsis-induced alterations in vascular permeability. Crit Care 19(1):26, 2015. doi:10.1186/s13054-015-0741-z

  3. 3. Martin L, Koczera P, Zechendorf E, et al: The endothelial glycocalyx: New diagnostic and therapeutic approaches in sepsis. Biomed Res Int 2016:3758278, 2016. doi:10.1155/2016/3758278

Sintomatologia dello shock

Lo stato mentale alterato (p. es., letargia, confusione, sonnolenza) è un segno comune di shock. Le mani e i piedi sono pallidi, freddi, umidi e spesso cianotici, come lo sono i lobi auricolari, il naso e il letto ungueale. Il tempo di riempimento capillare è prolungato, e, fatta eccezione per lo shock distributivo, la cute appare grigiastra o discromica e umida. Si può verificare un'evidente sudorazione. I polsi periferici sono deboli e generalmente rapidi; spesso, sono palpabili soltanto i polsi femorale o carotideo. Possono essere presenti tachipnea e iperventilazione. La pressione arteriosa tende a essere bassa (< 90 mmHg la sistolica) o non misurabile; la misurazione diretta con un catetere intrarterioso, se eseguita, spesso fornisce valori più elevati e più accurati. La diuresi è diminuita.

Lo shock distributivo causa segni clinici simili, eccetto che nella cute che può apparire calda o arrossata, specialmente in caso di sepsi. Il polso può essere scoccante piuttosto che debole. Nello shock settico, possibilmente è presente la febbre, di solito preceduta da brividi. Alcuni pazienti con shock anafilattico presentano orticaria o respiro sibilante.

Numerosi altri sintomi (p. es., dolore toracico, dispnea, dolore addominale) possono essere dovuti alla patologia di base o a un'insufficienza d'organo secondaria.

Diagnosi di shock

  • Anamnesi ed esame obiettivo

  • Segni vitali

  • Tendenze dei risultati dei test

La diagnosi è principalmente clinica, basata sull'evidenza di una perfusione tissutale insufficiente (ridotti livelli di coscienza, oliguria, cianosi periferica) e dei segni dei meccanismi di compenso (tachicardia, tachipnea, sudorazione). I criteri specifici comprendono

  • Ottundimento

  • Frequenza cardiaca > 100 battiti/min

  • Frequenza respiratoria > 22 atti/min

  • Ipotensione (pressione arteriosa sistolica < 90 mmHg) o una caduta di 30 mmHg nella pressione arteriosa di base

  • Diuresi< 0,5 mL/kg/h

I dati di laboratorio che supportano la diagnosi comprendono

  • Lattato > 3 mmol/L (27 mg/dL)

  • Deficit di base <4 mEq/L

  • PaCO2 < 32 mmHg (< 4,26 kPa)

Tuttavia, nessuno di questi reperti da solo è diagnostico, e ciascuno di essi, compresi i segni obiettivi, viene valutato in base al proprio andamento (ossia, peggioramento o miglioramento) in un contesto clinico complessivo.

La spettroscopia con infrarossi vicini è una tecnica non invasiva e rapida che può misurare il grado di shock; tuttavia, questa tecnica deve ancora essere convalidata su scala più ampia.

Identificare l'eziologia

Il riconoscimento della causa dello shock è spesso più importante della classificazione del tipo di shock. La causa può essere evidente oppure può essere rapidamente riconosciuta basandosi sull'anamnesi e sull'esame obiettivo, con l'ausilio di semplici indagini.

Le cause possono essere in relazione con il cuore o i polmoni:

I test per valutare e differenziare tra queste cause cardiache o polmonari comprendono l'elettrocardiografia (ECG), la misurazione degli enzimi cardiaci, la RX torace, l'emogasanalisi arteriosa, la scintigrafia polmonare, la TC elicoidale e l'ecocardiografia.

Le cause possono essere in relazione con problemi addominali:

I test diagnostici generalmente comprendono la TC dell'addome (se il paziente è instabile, l'ecografia a letto può risultare utile), l'emocromo con formula, la titolazione delle amilasi e delle lipasi e, per le donne in età fertile, il test di gravidanza nelle urine.

Altre cause comprendono

  • La febbre, i brividi e i segni locali di infezione suggeriscono uno shock settico, soprattutto nei pazienti immunocompromessi.

  • La febbre isolata, a seconda dell'anamnesi e del quadro clinico, può indicare un colpo di calore.

Gli esami comprendono RX; analisi delle urine; emocromo; coltura dalle ferite, emocoltura, urinocoltura e coltura degli altri liquidi corporei.

In alcuni pazienti, la causa è sconosciuta. I pazienti senza segni o sintomi focali indicativi dell'eziologia devono essere sottoposti ad ECG, misurazione degli enzimi cardiaci, RX torace ed emogasanalisi. Se i risultati di questi test sono normali, altre potenziali cause comprendono i farmaci o sovradosaggio di sostanze illecite, infezioni occulte (tra cui shock tossico), anafilassi e shock ostruttivo.

Ulteriori esami

Se non già eseguiti, l'ECG, la RX torace, l'esame emocromocitometrico, la titolazione di elettroliti sierici, l'azotemia, la creatinina, il tempo di protrombina, il tempo di tromboplastina parziale, i test di funzionalità epatica, il fibrinogeno e i prodotti di degradazione della fibrina vengono eseguiti per monitorare le condizioni del paziente e servono come punto di partenza.

Se è difficile determinare lo stato volemico del paziente, possono risultare utili il monitoraggio della pressione venosa centrale o della pressione di occlusione dell'arteria polmonare. Una pressione venosa centrale < 5 mmHg (< 7 cm di acqua) o una pressione di occlusione dell'arteria polmonare < 8 mmHg possono indicare un'ipovolemia, anche se la pressione venosa centrale può essere maggiore nei pazienti ipovolemici con un'ipertensione polmonare preesistente.

L'ecocardiografia al letto del paziente (fatta dal medico che ha in cura il paziente) per valutare l'adeguatezza del riempimento e la funzionalità cardiaca è spesso utilizzata per valutare lo shock e la performance cardiaca complessiva (per una rivista, 1, 2).

Riferimenti relativi alla diagnosi

  1. 1. Ferrada P: Image-based resuscitation of the hypotensive patient with cardiac ultrasound: an evidence-based review. J Trauma Acute Care Surg 80 (3): 511–518, 2016.

  2. 2. Martin ND, Codner P, Greene W, et al: Contemporary hemodynamic monitoring, fluid responsiveness, volume optimization, and endpoints of resuscitation: an AAST critical care committee clinical consensus. Trauma Surg Acute Care Open 5(1):e000411, 2020. doi: 10.1136/tsaco-2019-000411

Trattamento dello shock

  • Terapia di supporto

  • Liquidi EV

  • Altre gestioni dipendono dalla tipologia e dalla causa dello shock

Gestione generale dello shock

Il primo intervento prevede di mantenere il paziente riscaldato. Si arrestano le emorragie esterne, si controllano le vie aeree e la ventilazione e, se necessario, si procede all'assistenza respiratoria. Non bisogna somministrare nulla per via orale, e la testa del paziente viene girata da un lato per impedire l'inalazione in caso di vomito.

Il trattamento inizia contestualmente alla valutazione del paziente.

Si somministra ossigeno supplementare per mezzo di una maschera facciale. Se lo shock è grave o la ventilazione inadeguata, è necessaria l'intubazione delle vie aeree con la ventilazione meccanica. Si inseriscono due cannule EV di grosso calibro (da 14 a 16) in due diverse vene periferiche. Quando non è possibile accedere rapidamente alle vene periferiche, si può utilizzare come alternativa un catetere venoso centrale o, specialmente nei bambini, un ago intraosseo.

Generalmente, viene somministrato un carico di liquidi: 1 L (o 20 mL/kg nei bambini) di soluzione fisiologica allo 0,9% viene somministrata in 15 minuti. Nelle emorragie maggiori, il lattato di Ringer è comunemente usato, anche se nelle emorragie maggiori, l'uso di cristalloide deve essere ridotto al minimo a favore della trasfusione di emoderivati (globuli rossi, plasma fresco congelato e piastrine in un rapporto 1:1:1) (1, 2). A meno che i parametri clinici non ritornino nella norma, si continua l'infusione di liquidi. Si utilizzano volumi inferiori (p. es., 250-500 mL) nei pazienti con segni di elevata pressione nelle camere destre (p. es., distensione delle vene del collo) o di infarto del miocardio acuto.

In un paziente con i segni dell'edema polmonare, si deve evitare la somministrazione di liquidi. L'ulteriore infusione di liquidi dipende dalla patologia di base e può richiedere il monitoraggio della pressione venosa centrale o della pressione di occlusione dell'arteria polmonare. L'ecografia fast al letto del paziente per valutare la contrattilità e la variabilità respiratoria della vena cava può aiutare a determinare la necessità di ulteriori liquidi o la necessità di un supporto inotropo.

I pazienti in stato di shock sono in condizioni critiche e devono essere ricoverati in un'unità di terapia intensiva. Il monitoraggio comprende

  • ECG

  • Pressione arteriosa sistolica, diastolica e media, preferibilmente mediante catetere intra-arterioso

  • Frequenza respiratoria e profondità

  • Pulsossimetria

  • Flusso di urina tramite catetere vescicale fisso

  • Temperatura corporea

  • Stato clinico, compreso il sensorio (p. es., Glasgow Coma Scale), il volume delle pulsazioni, la temperatura cutanea e il colore

La misurazione della pressione venosa centrale, della pressione di occlusione dell'arteria polmonare e della gittata cardiaca con la termodiluizione utilizzando un catetere polmonare arterioso dotato di un palloncino all'estremità può essere utile per la diagnosi e il trattamento iniziale dei pazienti con uno shock di origine incerta o mista o con uno shock grave, soprattutto se accompagnato da oliguria o edema polmonare. L'ecocardiografia (a letto del paziente o per via transesofagea) rappresenta un'alternativa meno invasiva.

Si eseguono emogasanalisi periodiche, ematocrito, elettroliti, creatinina e lattato sierici. La misurazione sublinguale dell'anidride carbonica, se disponibile, è un monitor non invasivo della perfusione viscerale (i livelli aumentano con la diminuzione della perfusione tissutale). È utile una chiara documentazione dei valori per monitorare le tendenze.

Dal momento che l'ipoperfusione tissutale rende l'assorbimento intramuscolare poco affidabile, tutti i farmaci parenterali vengono somministrati EV. Gli oppiacei in genere vengono evitati in quanto possono causare vasodilatazione, ma il dolore grave può essere trattato con morfina 0,1 mg/kg EV in 2 minuti e ripetuta ogni 10-15 min, se necessario. Anche se l'ipoperfusione cerebrale può causare ansia, i sedativi o i tranquillanti non vengono somministrati di routine a meno che il paziente non sia intubato.

Dopo la rianimazione iniziale, il trattamento specifico mira alla patologia di base. L'ulteriore terapia di supporto dipende dal tipo di shock.

Trattamento dello shock emorragico

  • Controllo chirurgico del sanguinamento

  • Trasfusione precoce di prodotti ematici

Nello shock emorragico, è una priorità assoluta il controllo chirurgico del sanguinamento. La reintegrazione del volume accompagna piuttosto che precede l'intervento chirurgico per ripristinare l'emostasi. Per la rianimazione sono utilizzati sangue e soluzioni cristalloidi; in ogni caso, gli eritrociti concentrati, il plasma fresco congelato e le piastrine vanno somministrati da subito e in un rapporto 1:1:1 in pazienti che potrebbero richiedere trasfusione massiva. La mancata risposta di solito indica la somministrazione di un volume insufficiente o di un'emorragia in atto non riconosciuta. I vasopressori possono essere provati nello shock emorragico refrattario, ma solo dopo che sia stato ripristinato un adeguato volume di sangue e i vasocostrittori abbiano controllato l'emorragia, prima che possano peggiorare gli esiti.

Trattamento dello shock distributivo

  • Cristalloidi EV

  • In alcuni casi, farmaci inotropi o vasopressori

  • Antimicrobici per lo shock settico

  • Adrenalina per l'anafilassi

Lo shock distributivo accompagnato da grave ipotensione, dopo l'iniziale reintegrazione di liquidi con soluzione fisiologica allo 0,9%, può essere trattato con farmaci inotropi o vasopressori (p. es., dopamina, noradrenalina, vedi tabella Inotropi e vasopressori). Ai pazienti con shock settico si somministrano anche antibiotici ad ampio spettro. I pazienti con shock anafilattico che non rispondono alla reintegrazione dei liquidi (specialmente se accompagnata da broncocostrizione) ricevono adrenalina 0,05-0,1 mg EV, seguita da infusione di adrenalina 0,02 mcg/kg/minuto.

Tabella
Tabella

Trattamento dello shock cardiogeno

  • Trattamento della causa

Nello shock cardiogeno, i difetti strutturali (p. es., disfunzione valvolare, rottura del setto) vengono riparati chirurgicamente.

La trombosi coronarica viene trattata con interventi percutanei (angioplastica, posizionamento di stent), con l'intervento chirurgico di bypass coronario o con la trombolisi.

La tachiaritmia (p. es., fibrillazione atriale ad alta frequenza, tachicardia ventricolare) viene rallentata per mezzo della cardioversione o con farmaci antiaritmici. La bradicardia viene trattata con il posizionamento di un pacemaker transcutaneo o transvenoso; in attesa del posizionamento del pacemaker, si possono somministrare 0,5 mg di atropina EV ogni 5 min fino a 4 dosi. L'isoproterenolo 1-4 mcg/min può essere utile occasionalmente se l'atropina non è efficace, ma non è consigliato nei pazienti con ischemia miocardica dovuta a coronaropatia.

Lo shock che segue un infarto del miocardio acuto viene trattato con l'espansione di volume se la pressione di occlusione dell'arteria polmonare è bassa o normale; un valore compreso tra 15 e 18 mmHg è considerato normale. Se un catetere arterioso polmonare non è in posizione o l'ecografia cardiaca al letto del paziente non è disponibile, si può tentare un'infusione volumetrica (bolo da 250 a 500 mL di soluzione fisiologica allo 0,9%) mentre si ausculta il torace frequentemente per segni di sovraccarico di liquidi. Lo shock secondario a un infarto del miocardio del ventricolo destro di solito risponde solo parzialmente all'espansione della volemia; comunque, può essere necessario utilizzare farmaci vasopressori. L'ecografia fast al letto del paziente per valutare la contrattilità e la variabilità respiratoria della vena cava può aiutare a determinare la necessità di liquidi supplementari o vasopressori; il supporto inotropo è un approccio migliore per i pazienti con pressione venosa centrale normale o superiore al normale.

Se l'ipotensione è moderata (p. es., pressione arteriosa media 70-90 mmHg), l'infusione di dobutamina può essere utilizzata per migliorare la gittata cardiaca e per ridurre la pressione di riempimento ventricolare sinistra. Durante la somministrazione di dobutamina, soprattutto se ad alte dosi, possono verificarsi occasionalmente tachicardia e aritmie, e in tal caso è necessario ridurre la dose. Vasodilatatori (p. es., nitroprussiato, nitroglicerina), che incrementano la capacitanza venosa o riducono le resistenze vascolari sistemiche, determinano una riduzione del carico di lavoro sul miocardio danneggiato e possono aumentare la gittata cardiaca nei pazienti che non presentano un'ipotensione di grado grave. La terapia combinata (p. es., dopamina o dobutamina con nitroprussiato o nitroglicerina) può essere particolarmente utile ma richiede uno stretto controllo ECG e il monitoraggio emodinamico polmonare e sistemico.

Per l'ipotensione più grave (pressione arteriosa media < 70 mmHg), si può somministrare noradrenalina o dopamina, con l'obiettivo di raggiungere una pressione sistolica di 80-90 mmHg (e non > 110 mmHg).

Un contropulsatore aortico è utile per la temporanea correzione dello shock nei pazienti con infarto del miocardio acuto. Questa procedura deve essere considerata come un supporto temporaneo per permettere l'angiografia coronarica e l'angioplastica prima che sia possibile l'intervento chirurgico nei pazienti con infarto del miocardio acuto complicato dalla rottura del setto interventricolare o con insufficienza mitralica acuta di grado grave, che richiedono un supporto con vasopressori per > 30 min.

Nello shock ostruttivo, il tamponamento cardiaco non traumatico richiede una pericardiocentesi immediata, che può essere realizzata a letto del paziente. Un tamponamento cardiaco causato da trauma richiede decompressione chirurgica e riparazione.

Lo pneumotorace iperteso deve essere immediatamente decompresso con un catetere inserito nel 2o spazio intercostale, sulla linea emiclaveare; in seguito viene posizionato il tubo toracico.

L'embolia polmonare massiva che determina uno shock viene trattata con anticoagulanti e trombolisi, embolectomia chirurgica o ossigenazione extracorporea con membrana in alcuni casi.

Riferimenti relativi al trattamento

  1. 1. Holcomb JB, Tilley BC, Baraniuk S, et al: Transfusion of plasma, platelets, and red blood cells in a 1:1:1 vs a 1:1:2 ratio and mortality in patients with severe trauma: The PROPPR randomized clinical trial. JAMA 313(5):471-482, 2015. doi:10.1001/jama.2015.12

  2. 2. Cannon JW, Khan MA, Raja AS, et al: Damage control resuscitation in patients with severe traumatic hemorrhage: A practice management guideline from the Eastern Association for the Surgery of Trauma. J Trauma Acute Care Surg 82(3): 605-617, 2017. doi: 10.1097/TA.0000000000001333

Prognosi dello shock

Se non trattato, lo shock è di solito fatale. Anche se trattato, la mortalità da shock cardiogeno dopo un infarto del miocardio (60-65%) e da shock settico è elevata (30-40%).

La prognosi dipende dalla causa, dalla presenza di patologie preesistenti o sopraggiunte, dal tempo trascorso tra l'esordio clinico e la diagnosi e dalla prontezza e adeguatezza della terapia.

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