Ictus ischemico

DiAndrei V. Alexandrov, MD, The University of Tennessee Health Science Center;
Balaji Krishnaiah, MD, The University of Tennessee Health Science Center
Revisionato/Rivisto giu 2023 | Modificata ago 2023
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I fatti in Breve

L’ictus ischemico è la morte di una parte del tessuto cerebrale (infarto cerebrale) dovuta a un insufficiente apporto di sangue e ossigeno al cervello in seguito al blocco di un’arteria.

  • Si manifesta solitamente quando un’arteria che va al cervello è bloccata, spesso da un coagulo di sangue e/o da un deposito di grasso dovuto all’aterosclerosi.

  • I sintomi si manifestano improvvisamente e possono includere debolezza muscolare, paralisi, sensazione anomala o assente da un lato del corpo, difficoltà di linguaggio, stato confusionale, problemi di vista, vertigini, perdita di equilibrio e di coordinazione.

  • La diagnosi si basa solitamente sui sintomi e sui risultati di un esame obiettivo e degli esami di diagnostica per immagini del cervello.

  • Vengono eseguiti altri esami di diagnostica per immagini (tomografia computerizzata e risonanza magnetica per immagini) ed esami del sangue per identificare la causa dell’ictus.

  • Il trattamento può includere farmaci per sciogliere i coaguli di sangue o per ridurre la capacità del sangue di coagulare, nonché interventi per rimuovere fisicamente i coaguli di sangue, seguiti da riabilitazione.

  • Circa un terzo delle persone recuperano quasi tutte le funzioni normali dopo un ictus ischemico.

  • Le misure preventive includono il controllo dei fattori di rischio, farmaci per ridurre la capacità del sangue di coagulare e a volte un intervento chirurgico o angioplastica per aprire le arterie bloccate.

(Vedere anche Panoramica sull’ictus.)

cause di ictus ischemico

Un ictus ischemico risulta solitamente dal blocco di un’arteria che irrora di sangue il cervello, più comunemente una ramificazione di una delle carotidi interne. Di conseguenza, le cellule cerebrali non ricevono più sangue. Se privata di sangue per 4,5 ore, la maggior parte delle cellule cerebrali muore.

Afflusso di sangue al cervello

Il cervello viene irrorato di sangue tramite due paia di grandi arterie:

  • Arterie carotidi interne, che trasportano il sangue dal cuore lungo la parte anteriore del collo

  • Arterie vertebrali, che trasportano il sangue dal cuore lungo la parte posteriore del collo

Nel cranio, le arterie vertebrali si uniscono per formare l’arteria basilare (nella parte posteriore della testa). Le carotidi interne e l’arteria basilare si dividono in diverse ramificazioni che includono le arterie cerebrali. Alcune ramificazioni si uniscono per formare un cerchio di arterie (circolo di Willis) che collega le arterie vertebrali e le carotidi interne. Altre arterie si dipartono dal circolo di Willis come strade da una rotatoria. Queste ramificazioni trasportano il sangue a tutte le aree cerebrali.

Quando le grandi arterie che irrorano il cervello sono ostruite, alcune persone non presentano sintomi o manifestano solo un ictus lieve. Tuttavia, altre con la stessa ostruzione vanno incontro a un ictus ischemico di vaste dimensioni. Perché? Una parte della spiegazione risiede nelle arterie collaterali. Le arterie collaterali scorrono fra le altre arterie, fornendo ulteriori connessioni. Esse includono il circolo di Willis e le connessioni fra le arterie che si diramano dal circolo. Alcune persone sono nate con arterie collaterali grandi, che possono proteggere dall’ictus. Quindi, quando un’arteria si blocca, il sangue continua a scorrere attraverso l’arteria collaterale, a volte prevenendo l’ictus. Altre persone nascono con arterie collaterali piccole, che possono essere inadeguate al passaggio di una quantità di sangue sufficiente alle aree colpite e quindi ne deriva un ictus.

Il corpo può anche proteggersi dagli ictus facendo crescere nuove arterie. Quando i blocchi si sviluppano lentamente e gradatamente (come nell’aterosclerosi), possono crescere nuove arterie in tempo affinché l’area lesa continui a ricevere il sangue e quindi si eviti l’ictus. Se si è già verificato un ictus, la crescita di nuove arterie può aiutare a prevenirne un secondo (ma non è in grado di far regredire il danno che è stato fatto).

Cause comuni

Solitamente, il blocco è causato da un coagulo di sangue (trombo) oppure da frammenti di depositi di grasso (ateromi, o placche) dovuti all’aterosclerosi. Questi blocchi si manifestano spesso nei seguenti modi:

  • Formandosi in un’arteria e ostruendola: un ateroma nella parete di un’arteria può continuare ad accumulare materiale grasso e diventare abbastanza grande da bloccare l’arteria. Anche se l’arteria non è completamente bloccata, l’ateroma la restringe e rallenta il flusso sanguigno, come un tubo ostruito rallenta il flusso dell’acqua. Il sangue che si muove lentamente rischia di formare coaguli. Un coagulo grande può bloccare una quantità sufficiente di sangue in un’arteria ristretta da causare la morte delle cellule cerebrali da essa irrorate. Oppure, in caso di lacerazione (rottura) di ateroma, il materiale in esso contenuto può dare luogo alla formazione di un coagulo in grado di ostruire l’arteria (vedere la figura Modalità di sviluppo dell’aterosclerosi).

  • Spostandosi da un’arteria a un’altra nel cervello: un pezzo di ateroma o un coagulo nella parete di un’arteria può staccarsi e spostarsi nel flusso sanguigno (diventando un embolo). In seguito, l’embolo può alloggiarsi in un’arteria che irrora il cervello e bloccarne il flusso sanguigno (embolia si riferisce al blocco delle arterie da parte di materiale che viaggia nel flusso sanguigno verso un’altra parte del corpo). Questi blocchi si manifestano più facilmente quando le arterie sono già ristrette da depositi di grasso.

  • Spostandosi dal cuore al cervello: coaguli di sangue possono formarsi nel cuore o in una valvola cardiaca, in particolare nelle valvole artificiali e in quelle che sono state danneggiate da infezioni del tessuto che riveste l’interno del cuore (endocarditi). Questi coaguli possono staccarsi, viaggiare come emboli e ostruire un’arteria nel cervello. Gli ictus dovuti a questi coaguli sono più frequenti tra le persone sottoposte a un intervento recente al cuore, che hanno avuto un infarto o affette da una patologia valvolare o da alterazioni del ritmo cardiaco (aritmie), specialmente un ritmo cardiaco rapido e irregolare, chiamato fibrillazione atriale.

I coaguli di sangue in un’arteria cerebrale non causano necessariamente un ictus. Se il coagulo di sangue si rompe spontaneamente entro meno di 15-30 minuti, le cellule cerebrali non muoiono e i sintomi si risolvono. Tali eventi sono detti attacchi ischemici transitori (TIA).

Se un’arteria si restringe molto gradatamente, altre arterie (le arterie collaterali, vedere la figura Afflusso di sangue al cervello) a volte si allargano per inviare sangue alle parti del cervello solitamente irrorate dall’arteria ostruita. In questo modo, se si forma un coagulo in un’arteria che ha sviluppato arterie collaterali, le persone possono non avere sintomi.

Le cause più comuni di ictus ischemico possono essere classificate come

  • Ictus criptogenico

  • Ictus embolico

  • Infarto lacunare

  • Aterosclerosi dei grandi vasi (la quarta causa più comune)

Ostruzioni e coaguli: cause di ictus ischemico

Quando un’arteria che trasporta il sangue al cervello si ostruisce o si blocca, può verificarsi un ictus ischemico. Le arterie possono essere bloccate da depositi adiposi (ateromi o placche) dovuti all’aterosclerosi. Le arterie nel collo, in particolare la carotide interna, sono un punto comune per gli ateromi.

Le arterie possono restare bloccate anche da un coagulo di sangue (trombo). Tali coaguli possono formarsi su un ateroma in un’arteria oppure nel cuore delle persone affette da disturbo cardiaco. Una parte dei coaguli può staccarsi e viaggiare nel flusso sanguigno (diventando un embolo). In seguito può bloccare un’arteria che porta il sangue al cervello, come una delle arterie cerebrali.

Ictus criptogenico

L’ictus è classificato come criptogenico quando non viene identificata una causa chiara nonostante la valutazione completa.

Ictus embolico

Coaguli di sangue possono formarsi nel cuore, specialmente nei soggetti che soffrono o hanno sofferto di:

Piccolissimi frammenti di questi coaguli di sangue possono staccarsi e raggiungere le piccole arterie cerebrali (come emboli).

Infarto lacunare

L’infarto lacunare si riferisce a minuscoli ictus ischemici, in genere di dimensioni non superiori a un centimetro. Nell’infarto lacunare, una delle piccole arterie in profondità nel cervello si ostruisce quando una parte della parete si deteriora e viene sostituita da un misto di grasso e tessuto connettivo, un disturbo chiamato lipoialinosi. La lipoialinosi è diversa dall’aterosclerosi, ma entrambi i disturbi possono causare il blocco delle arterie.

L’infarto lacunare può verificarsi anche quando minuscoli frammenti di materiale adiposo depositato nelle arterie (ateromi o placche aterosclerotiche) si staccano e raggiungono le piccole arterie cerebrali.

L’infarto lacunare tende a manifestarsi nelle persone anziane con diabete o ipertensione arteriosa poco controllata. Il danno avviene solo in una piccola parte del cervello e la prognosi è generalmente positiva. Tuttavia, nel tempo, molti piccoli infarti lacunari possono svilupparsi e causare problemi, come problemi cognitivi e relativi ad altre funzioni mentali (deficit cognitivo).

Aterosclerosi dei grandi vasi

Nell’aterosclerosi dei grandi vasi, le placche aterosclerotiche si sviluppano nelle pareti delle arterie di grosso calibro, come quelle che irrorano il cervello (arterie cerebrali).

Le placche possono ingrandirsi gradualmente causando il restringimento dell’arteria. Di conseguenza, i tessuti irrorati dall’arteria possono non ricevere una quantità sufficiente di sangue e ossigeno. Le placche tendono ad aprirsi (rottura). Il materiale all’interno della placca viene quindi esposto al torrente ematico, avviando la formazione di coaguli di sangue (detti trombosi). Questi coaguli di sangue possono ostruire improvvisamente tutto il flusso sanguigno attraverso un’arteria. A volte i coaguli di sangue si staccano, si spostano nel torrente ematico e bloccano un’arteria che porta il sangue al cervello (in questo caso sono detti emboli). Sia le trombosi sia gli emboli possono causare un ictus bloccando l’apporto di sangue a una zona del cervello.

Altre cause

Diverse condizioni al di là della rottura di un ateroma possono scatenare o promuovere la formazione di coaguli di sangue, aumentando il rischio di blocco da parte di uno di essi. Tra questi vi sono i seguenti:

Un ictus ischemico può anche derivare da un disturbo che riduce la quantità di sangue al cervello. Per esempio:

  • si può verificare un ictus ischemico se un’infiammazione dei vasi sanguigni (vasculite) o un’infezione (come l’herpes simplex, la meningite o la sifilide) restringe i vasi sanguigni che irrorano il cervello.

  • Nella fibrillazione atriale, il cuore non si contrae normalmente e il sangue può ristagnare e coagulare. Un coagulo potrebbe staccarsi e migrare a un’arteria cerebrale, ostruendola.

  • A volte gli strati delle pareti di un’arteria che trasporta il sangue al cervello (come le arterie del collo) si separano (la cosiddetta dissezione) e interferiscono con l’afflusso di sangue al cervello.

  • Le emicranie o le droghe, come la cocaina e le anfetamine, possono causare uno spasmo arterioso, che può restringere le arterie cerebrali abbastanza a lungo da scatenare un ictus.

In rari casi, un ictus è causato da una diminuzione generale del flusso sanguigno, come avviene quando le persone perdono molto sangue, hanno una grave disidratazione o hanno la pressione arteriosa molto bassa. Questo tipo di ictus spesso si verifica quando le arterie che irrorano il cervello sono ristrette, ma non avevano provocato sintomi in precedenza e non erano state identificate.

Talvolta, un ictus ischemico compare con un flusso sanguigno al cervello normale, ma con ridotto apporto di ossigeno. Le patologie che riducono il contenuto d’ossigeno nel sangue comprendono un grave deficit di globuli rossi (anemia), il soffocamento e l’avvelenamento da monossido di carbonio. Spesso, in questi casi, il danno cerebrale è diffuso e conduce al coma.

A volte un coagulo di sangue in una vena della gamba (trombosi venosa profonda) oppure, raramente, piccoli pezzi di grasso dal midollo di un osso della gamba fratturato, si spostano nel flusso sanguigno. Solitamente, questi coaguli di sangue e pezzi di grasso si spostano fino al cuore e bloccano un’arteria nei polmoni (detta embolia polmonare). Tuttavia, alcune persone presentano un orifizio anomalo fra le camere superiori destra e sinistra del cuore (chiamato forame ovale pervio). In queste persone, i coaguli di sangue e i pezzi di grasso possono passare attraverso gli orifizi, superare i polmoni ed entrare nell’aorta (l’arteria più grande nel corpo). Se viaggiano fino alle arterie nel cervello, può derivarne un ictus.

Fattori di rischio

Alcuni fattori di rischio di ictus ischemico possono essere controllati o modificati, almeno fino a un certo punto. Ad esempio, trattando la patologia che ne aumenta il rischio.

I principali fattori di rischio modificabili dell’ictus ischemico sono

I fattori di rischio non modificabili includono

  • Avere già avuto un ictus

  • Sesso maschile

  • Età più avanzata

  • Parenti che hanno avuto un ictus

Sintomi dell’ictus ischemico

Solitamente, i sintomi di un ictus ischemico si manifestano improvvisamente e sono spesso più gravi alcuni minuti dopo l’inizio perché la maggior parte degli ictus ischemici insorge improvvisamente, si sviluppa rapidamente e causa la morte del tessuto cerebrale entro pochi minuti oppure ore. Successivamente, nella maggior parte dei casi, l’ictus si stabilizza, causando una lesione minima o comunque non progressiva. Gli ictus che rimangono stabili per 2-3 giorni sono definiti completi. Un blocco improvviso causato da un embolo può causare questo tipo di ictus.

Nel 10-15% degli ictus circa, il danno continua a progredire e i sintomi continuano a peggiorare per un massimo di 2 giorni, causando la morte di zone sempre più ampie di tessuto cerebrale. Questo tipo di ictus è definito evolutivo. In alcuni soggetti, i sintomi colpiscono un braccio, quindi si diffondono ad altre aree sullo stesso lato del corpo. La progressione dei sintomi e del danno avviene solitamente per gradi, ed è interrotta da periodi in certo modo stabili durante i quali l’area smette temporaneamente di estendersi o si manifestano alcuni miglioramenti. Tali ictus sono solitamente dovuti alla formazione di coaguli in un’arteria ristretta.

Gli ictus causati da un embolo si verificano spesso durante il giorno, e il primo sintomo può essere un mal di testa. Gli ictus causati da un coagulo di sangue in un’arteria ristretta si verificano frequentemente durante la notte e vengono notati al risveglio della persona.

Possono manifestarsi molti sintomi diversi, in base all’area cerebrale bloccata e quindi alla parte privata di sangue e di ossigeno (vedere Disfunzione cerebrale in base alla sede).

Quando vengono colpite le arterie che si diramano dalla carotide interna (che trasporta il sangue lungo la parte anteriore del collo al cervello), i sintomi più comuni sono i seguenti:

  • Cecità da un occhio

  • Perdita della vista sul lato sinistro o sul lato destro di entrambi gli occhi

  • Sensazioni anomale, debolezza o paralisi di un braccio o di una gamba o di un lato del corpo.

Quando vengono colpite le arterie che si diramano dalle arterie vertebrali (che trasportano il sangue lungo la parte posteriore del collo al cervello), i sintomi più comuni sono i più seguenti:

  • Debolezza generalizzata su uno o entrambi i lati del corpo

Si possono manifestare molti altri sintomi, tra cui difficoltà di parola (ad esempio, eloquio inceppato), alterazione dello stato di coscienza (come stato confusionale), perdita di coordinazione e incontinenza urinaria.

Le forme gravi di ictus possono portare a stupor o coma. Inoltre, gli ictus, anche quelli lievi, possono causare depressione o incapacità di controllare le emozioni. Ad esempio, le persone possono ridere o piangere in modo sconveniente.

Alcune persone hanno crisi convulsive all’inizio dell’ictus. Le crisi convulsive possono verificarsi anche mesi o anni più tardi. Quelle tardive risultano dalla cicatrizzazione o da materiali che vengono depositati dal sangue nel tessuto cerebrale danneggiato.

Occasionalmente insorge la febbre. Può essere causata da un ictus o da un altro disturbo.

Se i sintomi, in particolare l’alterazione della coscienza, si aggravano nei primi 2-3 giorni, la causa è spesso un gonfiore dovuto a un eccesso di liquido (edema) nel cervello. Negli ictus estesi, in genere il gonfiore cerebrale raggiunge il massimo livello circa 3 giorni dopo l’esordio dell’ictus. I sintomi solitamente si attenuano entro pochi giorni, via via che viene assorbito il liquido. Tuttavia, l’edema cerebrale è particolarmente dannoso poiché il cranio è una struttura non espandibile. L’aumento di pressione che ne consegue può causare lo spostamento del cervello, alterando ulteriormente la funzione cerebrale, anche se la zona direttamente danneggiata dall’ictus non si espande. Se la pressione diventa molto alta, il cervello può venire spinto lateralmente e verso il basso nel cranio, attraverso le strutture rigide che lo separano in compartimenti. Il disturbo che ne consegue è chiamato ernia e può essere fatale.

Complicanze dell’ictus

Gli ictus possono causare altri problemi (complicanze):

  • Se la deglutizione è difficoltosa, le persone possono non mangiare abbastanza e sviluppare denutrizione e disidratazione.

  • Si rischia di inalare alimenti, saliva o vomito (aspirati) nei polmoni, provocando una polmonite da aspirazione.

  • La permanenza in una posizione troppo a lungo può causare piaghe da decubito e comportare perdita muscolare, decondizionamento, infezioni delle vie urinarie e accorciamento permanente dei muscoli (contratture).

  • L’incapacità di muovere gli arti inferiori può favorire la formazione di coaguli nelle vene profonde delle gambe e dell’inguine (trombosi venosa profonda).

  • I coaguli nelle vene profonde delle gambe possono staccarsi, spostarsi nel flusso sanguigno e bloccare un’arteria che va al polmone (un disturbo detto embolia polmonare).

  • Le persone possono avere difficoltà a dormire.

Le perdite e i problemi che risultano da un ictus possono renderle depresse.

Diagnosi dell’ictus ischemico

  • Valutazione medica

  • Tomografia computerizza e talvolta una risonanza magnetica per immagini

  • Analisi di laboratorio, comprese quelle per misurare la glicemia

Il medico generalmente è in grado di diagnosticare un ictus ischemico sulla base dell’anamnesi e dell’esame obiettivo. Solitamente identifica la sede dell’ostruzione basandosi sui sintomi. Per esempio, la debolezza o la paralisi della gamba sinistra suggeriscono l’ostruzione dell’arteria che irrora l’area localizzata nell’emisfero destro, preposta al controllo dei movimenti muscolari della gamba sinistra.

I medici spesso usano una serie standardizzata di domande e di comandi per determinare la gravità dell’ictus, il grado di funzionalità del soggetto e come cambiano i sintomi nel tempo. Questi test aiutano i medici a valutare il livello di coscienza, la capacità di rispondere alle domande, la capacità di ubbidire a comandi semplici, la vista, la funzionalità delle braccia e delle gambe e l’eloquio del paziente.

Lesioni a specifiche aree cerebrali

Aree cerebrali diverse controllano funzioni specifiche. Di conseguenza, la sede colpita determina la funzione compromessa.

I medici misurano anche il livello di zucchero nel sangue (glicemia). Un basso livello di zucchero nel sangue (ipoglicemia) può causare sintomi simili.

Solitamente dopo viene effettuata una tomografia computerizzata (TC). La TC aiuta a distinguere un ictus ischemico da uno emorragico, da un tumore cerebrale, da un ascesso e da altre alterazioni strutturali. Tuttavia, nelle prime ore dopo alcuni ictus la TC può essere normale o mostrare solo lievi cambiamenti. Di conseguenza, la diagnosi può subire ritardi. Se disponibile, viene quindi eseguita anche una risonanza magnetica per immagini (RMI) pesata in diffusione, in grado di rilevare gli ictus ischemici entro pochi minuti dal loro esordio.

Appena possibile, possono essere eseguiti anche altri esami di diagnostica per immagini (angio-TC o angiografia con risonanza magnetica), per verificare la presenza di ostruzioni nelle grandi arterie. A volte, il trattamento tempestivo di questi blocchi può limitare la portata del danno cerebrale causato dall’ictus.

Analisi per identificare la causa

È importante identificare la causa precisa di un ictus ischemico. In caso di ostruzione da coagulo di sangue, può verificarsi un altro episodio di ictus, se non viene trattato il disturbo di base. Ad esempio, se il coagulo di sangue è causato da un ritmo cardiaco anormale, la cura del disturbo può evitare la formazione di nuovi coaguli in grado di causare un altro ictus.

Gli esami per determinare le cause possono includere:

  • Elettrocardiogramma (ECG) per controllare le alterazioni del ritmo cardiaco

  • Monitoraggio ECG continuo (effettuato a casa o in ospedale) per registrare il battito e il ritmo cardiaco in modo continuo per 24 ore (o più), che potrebbe rilevare delle alterazioni del ritmo cardiaco che si manifestano in modo imprevedibile o solo brevemente

  • Ecocardiogramma per verificare la presenza nel cuore di coaguli, di anomalie di pompaggio o strutturali e disturbi delle valvole

  • Esami di diagnostica per immagini, ecocolordoppler, angiografia con risonanza magnetica, angio-TC (TC registrata dopo aver iniettato un mezzo di contrasto in una vena) o angiografia cerebrale (eseguita mediante l’inserimento di un catetere in un’arteria per iniettare il mezzo di contrasto), al fine di determinare se le arterie, in particolare le carotidi interne, sono bloccate o ristrette

  • Esami del sangue alla ricerca di anemia, policitemia, disturbi della coagulazione, vasculite e alcune infezioni (come infezioni delle valvole cardiache e sifilide) e fattori di rischio come alti livelli di colesterolo o diabete

  • Screening farmacologico delle urine per individuare cocaina e anfetamine

Gli esami di diagnostica per immagini consentono al medico di determinare il livello di restringimento delle carotidi e di valutare quindi il rischio di un conseguente ictus o attacco ischemico transitorio (TIA). Queste informazioni aiutano a determinare i trattamenti necessari.

Nell’angiografia cerebrale, un tubo (catetere) sottile e flessibile viene inserito in un’arteria, solitamente nell’inguine, e viene fatto passare attraverso l’aorta fino a un’arteria del collo. Quindi viene iniettata una sostanza visibile ai raggi X (mezzo di contrasto radiopaco) per delineare l’arteria. Questo esame è quindi più invasivo degli altri che forniscono immagini dell’afflusso di sangue al cervello. Tuttavia, fornisce maggiori informazioni. L’angiografia cerebrale viene eseguita prima di qualsiasi procedura endovascolare che utilizza un catetere per trattare le arterie ristrette o ostruite. L’angiografia cerebrale viene eseguita anche quando si sospetta una vasculite.

Dato che l’angio-TC è meno invasiva, ha ampiamente sostituito l’angiografia cerebrale eseguita mediante un catetere. Fanno eccezione i casi in cui sono programmate procedure endovascolari. Tali procedure prevedono l’uso di strumenti inseriti attraverso il catetere per asportare fisicamente un coagulo (trombectomia meccanica), per allargare un’arteria ristretta (angioplastica) e/o per posizionare un tubo di rete metallica (uno stent) per mantenere aperta l’arteria.

Trattamento dell’ictus ischemico

  • Misure di supporto delle funzioni vitali, come la respirazione

  • Farmaci per sciogliere i coaguli di sangue o per ridurre la capacità del sangue di coagulare

  • Talvolta, intervento chirurgico per rimuovere un’ostruzione o un’angioplastica con stent

  • Misure per gestire gli eventuali problemi causati dall’ictus, come difficoltà di deglutizione

  • Misure per prevenire la formazione di coaguli di sangue nelle gambe

  • Riabilitazione

Quando si verifica un ictus, ogni minuto è vitale. Più a lungo l’afflusso di sangue al cervello è ridotto o interrotto, maggiori saranno i danni cerebrali. I soggetti che presentano sintomi che indicano un ictus ischemico devono chiamare immediatamente il 112 e recarsi in pronto soccorso.

Il trattamento per rimuovere o sciogliere i coaguli è tanto più efficace quanto più tempestivo. Affinché siano efficaci, alcuni farmaci (terapia trombolitica) devono essere avviati entro 4,5 ore dall’inizio dell’ictus. Le procedure per rimuovere i coaguli attraverso un catetere (trombectomia meccanica) possono essere efficaci fino a 6 ore dopo l’esordio di un ictus e talvolta anche dopo. Avviare il trattamento non appena possibile è fondamentale perché prima viene ripristinato l’afflusso di sangue al cervello, minore sarà il danno cerebrale e migliori le possibilità di recupero. Pertanto, i medici cercano di stabilire rapidamente quando sia esordito l’ictus e di confermare che l’ictus sia ischemico e non emorragico, poiché il trattamento è diverso.

Un’altra priorità è quella di riportare la respirazione, il battito cardiaco, la pressione arteriosa (se bassa) e la temperatura a livelli normali. Viene inserita una linea endovenosa per somministrare i farmaci e i liquidi quando necessario. Se la persona ha febbre, questa può essere abbassata con paracetamolo, ibuprofene o una coperta di raffreddamento, perché il danno cerebrale è peggiore quando la temperatura corporea è alta.

Solitamente il medico non tratta immediatamente l’ipertensione arteriosa, a meno che non sia davvero molto alta (oltre 220/120 mmHg), perché quando le arterie sono ristrette la pressione sanguigna deve essere più alta del normale per spingere una quantità sufficiente di sangue attraverso di esse fino al cervello. Tuttavia, una pressione arteriosa molto alta può danneggiare il cuore, i reni e gli occhi e deve essere abbassata.

In caso di ictus molto grave a carico di un’area molto ampia del cervello, possono essere somministrati farmaci come il mannitolo per ridurre l’edema e l’aumento di pressione all’interno del cervello. Alcuni pazienti necessitano di un ventilatore polmonare per respirare in modo adeguato.

I trattamenti specifici di un ictus possono includere farmaci per sciogliere i coaguli di sangue (farmaci trombolitici) e farmaci per ridurre la capacità del sangue di coagulare (farmaci antipiastrinici e anticoagulanti), seguiti da riabilitazione. In alcuni centri specializzati i coaguli di sangue vengono fisicamente rimossi dalle arterie nel cervello (trombectomia meccanica). Oppure si esegue un’angioplastica per allargare l’arteria. Nell’angioplastica, un catetere con un palloncino all’estremità viene introdotto nell’arteria ristretta (vedere la figura Comprendere l’intervento coronarico percutaneo (ICP)). Il palloncino viene quindi gonfiato per alcuni secondi per dilatare l’arteria. Per mantenere l’arteria dilatata, vi si introduce un tubicino di rete metallica (stent).

Farmaci trombolitici (fibrinolitici)

In alcune circostanze viene somministrato per via endovenosa un farmaco chiamato attivatore tissutale del plasminogeno (tPA), per sciogliere i coaguli di sangue ed aiutare a ripristinare il flusso sanguigno al cervello. Sono disponibili due tPA: alteplasi e tenecteplasi.

Dal momento che il tPA può causare sanguinamento nel cervello e altrove, solitamente non deve essere somministrato alle persone che presentano determinate condizioni, come

  • Emorragia cerebrale o un’area molto estesa di tessuto cerebrale morto rilevata mediante TC o RMI

  • Un sospetto ictus emorragico, anche se la TC non ne rileva evidenze

  • Una tendenza a sanguinare (indicata da una bassa conta piastrinica o da esiti anomali di altri esami del sangue)

  • Sanguinamento interno (emorragia)

  • Un recente trauma cranico (nei 3 mesi precedenti)

  • Un disturbo cerebrale che può aumentare il rischio di sanguinamento, come alcuni tumori, una malformazione artero-venosa (una connessione anomala tra arterie e vene) o un aneurisma cerebrale (una protrusione nella parete di un’arteria)

  • Pressione arteriosa che rimane alta dopo il trattamento con un farmaco antipertensivo

  • Intervento chirurgico cerebrale o spinale importante negli ultimi 3 mesi

  • Tendenza al sanguinamento e alla formazione di lividi

Prima di somministrare un tPA, viene effettuata una TC per escludere l’emorragia cerebrale. Perché sia efficace e sicuro, il farmaco tPA per via endovenosa deve essere somministrato entro 3 ore dall’esordio di un ictus ischemico. Alcuni esperti consigliano di utilizzare il tPA fino a 4,5 ore dall’esordio di un ictus ischemico.

Ma quando un tPA è somministrato fra 3 e 4,5 ore, ulteriori fattori potrebbero impedirne l’uso. Queste patologie includono:

  • Età superiore a 80 anni

  • Assunzione di un anticoagulante per via orale (a prescindere dagli effetti sulla coagulazione)

  • Ictus grave con una sostanziale perdita di funzionalità

  • Anamnesi di ictus e diabete mellito

Dopo 4,5 ore, la somministrazione di un tPA per via endovenosa aumenta il rischio di emorragie.

Può essere difficile stabilire il momento dell’esordio dell’ictus. Il medico suppone quindi che l’ictus sia iniziato l’ultima volta che la persona stava bene, in base alle informazioni disponibili. Ad esempio, se una persona si sveglia con i sintomi di un ictus, il medico suppone che questo sia iniziato l’ultima volta che la persona è stata vista sveglia e in buona salute. Di conseguenza, un tPA può essere utilizzato solo in alcune delle persone che hanno subito un ictus. Se la diagnostica per immagini avanzata identifica tessuto cerebrale non danneggiato, si può somministrare un tPA anche se il medico non è in grado di determinare quando è iniziato l’ictus, per esempio, se il soggetto si sveglia e ha avuto un ictus durante la notte.

Trombectomia meccanica

Nella trombectomia meccanica si utilizza un dispositivo per rimuovere fisicamente il coagulo di sangue nelle arterie cerebrali di grosso calibro. Questo intervento viene spesso eseguito in caso di ictus grave. Nuove evidenze indicano che la trombectomia meccanica può trattare efficacemente i soggetti che hanno avuto un ictus, indipendentemente dalla sua gravità.

La trombectomia meccanica viene generalmente eseguita entro 6 ore dall’esordio dei sintomi. L’intervento può essere eseguito fino a 24 ore dopo l’esordio dei sintomi se gli esami di diagnostica per immagini mostrano che il tessuto cerebrale non ha subito danni. Pertanto, in alcuni centri specializzati nella cura degli ictus i medici stanno iniziando a utilizzare un tipo speciale di TC o RMI (imaging di perfusione) e altre tecniche di diagnostica per immagini per determinare la progressione dell’ictus piuttosto che agire rigorosamente in base al tempo trascorso. Questi esami possono mostrare la portata della riduzione del flusso ematico e indicare quanto tessuto cerebrale sia possibile salvare. Questo approccio (basato sullo stato del tessuto cerebrale e non sul tempo) è utile soprattutto quando il medico non è sicuro sull’orario di insorgenza di un ictus, ad esempio quando un soggetto si sveglia al mattino con dei sintomi di ictus. Se gli esami di diagnostica per immagini mostrano che il flusso ematico è solo parzialmente ridotto, l’esecuzione della terapia con trombectomia meccanica fino a 24 ore dopo l’esordio dei sintomi può comunque essere in grado di salvare del tessuto cerebrale. Se però il flusso ematico è stato fortemente ridotto o interrotto, la terapia dopo 1 sola ora potrebbe non essere in grado di salvare il tessuto cerebrale nemmeno parzialmente.

Si possono utilizzare diversi tipi di dispositivi. Ad esempio, si può utilizzare un retrattore a stent che assomiglia a una piccola gabbia di rete. Si può fissare a un catetere che viene inserito attraverso un’incisione, spesso nell’inguine, e fatto arrivare al coagulo. La gabbietta viene aperta e quindi chiusa attorno al coagulo, che viene estratto attraverso un catetere più ampio. Se eseguita entro 6 ore dall’esordio dell’ictus, la trombectomia meccanica con retrattore a stent può migliorare drasticamente gli esiti dei soggetti con un blocco di notevoli dimensioni. I dispositivi possono ripristinare il flusso ematico nel 90-100% dei soggetti.

La trombectomia meccanica viene eseguita solo in centri specializzati in ictus.

Farmaci antipiastrinici e anticoagulanti

Se non è possibile utilizzare un trombolitico, la maggior parte dei pazienti riceve aspirina (un farmaco antipiastrinico) non appena arriva in ospedale. I farmaci antipiastrinici riducono la tendenza delle piastrine ad aggregarsi e a formare coaguli (le piastrine sono piccolissime particelle nel sangue simili a cellule che lo aiutano a coagularsi in risposta ai vasi sanguigni danneggiati). L’assunzione di aspirina più clopidogrel (un altro farmaco antipiastrinico) è leggermente più efficace della sola aspirina per ridurre il rischio di un altro ictus, ma solo se somministrata entro 24 ore dall’insorgenza dei sintomi dell’ictus. Viene somministrata solo per le prime 3 settimane dopo l’ictus e riduce il rischio di recidiva solo per i primi 3 mesi dopo un ictus. Successivamente la combinazione non presenta alcun vantaggio aggiuntivo rispetto alla sola aspirina. Inoltre, l’assunzione di clopidogrel più aspirina per più di 3 settimane aumenta leggermente il rischio di sanguinamento. Tuttavia, in determinate circostanze la combinazione viene talvolta somministrata per 3 mesi, ad esempio quando il soggetto presenta un’ostruzione parziale di una grande arteria.

Se i sintomi sembrano peggiorare nonostante altri trattamenti, vengono somministrati anticoagulanti come eparina e warfarin Possono essere utilizzati anche per trattare specifici tipi di ictus (come quelli dovuti a un coagulo di sangue in una vena del cervello, fibrillazione atriale o dissezione di un’arteria nel collo). Gli anticoagulanti inibiscono le proteine del sangue che aiutano la coagulazione (fattori di coagulazione).

Se il paziente ha ricevuto un trombolitico, il medico aspetta solitamente 24 ore prima di iniziare i farmaci antipiastrinici o anticoagulanti, perché questi farmaci aumentano il rischio già importante di emorragia cerebrale. Tale terapia non può essere praticata in caso d’ipertensione arteriosa non controllata o di ictus emorragico.

Chirurgia dell’arteria carotide

Al termine di un ictus ischemico, può essere effettuata una rimozione chirurgica dei depositi lipidici (ateromi o placche) dovuti ad aterosclerosi, oppure dei coaguli in una carotide interna (vedere la figura Afflusso di sangue al cervello). Questa procedura, nota come endoarteriectomia della carotide, può aiutare se sono presenti tutte le seguenti condizioni:

  • L’ictus è stato causato da un restringimento della carotide di oltre il 70% (oltre il 60% nelle persone che hanno subito un attacco ischemico transitorio o più).

  • Alcuni tessuti cerebrali irrorati dall’arteria colpita funzionano ancora dopo l’ictus.

  • L’aspettativa di vita della persona è di almeno 5 anni.

In questi individui, l’endoarteriectomia può ridurre il rischio di ictus successivi. Questa procedura ristabilisce inoltre l’apporto di sangue alla zona colpita, ma non può ripristinare la funzionalità persa, perché una parte del tessuto cerebrale è morto.

Per un’endoarteriectomia della carotide, si fa ricorso a un’anestesia generale. Il chirurgo effettua un’incisione nel collo sopra la zona dell’arteria che contiene l’ostruzione e poi un’incisione nell’arteria. Viene rimosso il blocco e viene richiusa l’arteria. In seguito, per alcuni giorni, il collo può essere dolente e la deglutizione può essere difficile. La maggior parte delle persone resta in ospedale per 1-2 giorni. Si deve evitare di sollevare carichi pesanti per circa 3 settimane. Dopo diverse settimane, le persone possono riprendere le attività normali.

L’endoarteriectomia della carotide può scatenare un ictus poiché disloca i coaguli o altro materiale, che possono attraversare il flusso sanguigno e ostruire un’arteria. Tuttavia, dopo l’intervento il rischio di ictus si riduce rispetto a quanto avviene con la terapia farmacologica e rimane inferiore per vari anni. La procedura può determinare un attacco cardiaco, perché spesso i pazienti su cui viene effettuata presentano fattori di rischio di coronaropatia.

Le persone devono fare ricorso a un chirurgo con molta esperienza in queste operazioni e con un basso tasso di complicanze gravi (come infarto, ictus o decesso) dopo gli interventi. Se non riescono a trovare un chirurgo di questo tipo, il rischio di endoarteriectomia può superare i benefici auspicati.

Angioplastica e impianto di stent nell’arteria carotide

Se l’endoarteriectomia è troppo rischiosa o non può essere eseguita a causa dell’anatomia dell’arteria, è possibile effettuare un intervento meno invasivo (angioplastica della carotide) per allargare l’arteria.

Per questo intervento si somministra un anestetico locale. Quindi si inserisce un catetere con un filtro a ombrello all’estremità attraverso una piccola incisione in una grande arteria vicino all’inguine o nel braccio, che viene poi spinto fino alla carotide interna nel collo. Viene iniettata una sostanza visibile alla radiografia (mezzo di contrasto radiopaco) per vedere dove si trovano le aree ristrette. Mediante il catetere i medici allargano l’arteria carotide, e inseriscono quindi un tubo di rete metallica (stent) nell’arteria. Una volta in posizione, lo stent viene espanso per aiutare a mantenere aperta l’arteria. Il filtro blocca eventuali residui che possono distaccarsi nel corso della procedura

Dopo aver posizionato lo stent, il catetere e il filtro sulla sua estremità vengono rimossi. Le persone sono sveglie durante la procedura, che solitamente richiede 1-2 ore.

Nella prevenzione degli ictus e del decesso, il posizionamento di uno stent sembra altrettanto sicuro ed efficace dell’endoarteriectomia. Nel caso dei soggetti più giovani e di quelli che non presentano fattori di rischio per disturbi cardiaci o vascolari (come ipertensione arteriosa, alti livelli di colesterolo, diabete e fumo), si esegue solitamente un’endoarteriectomia carotidea.

Una simile procedura può essere eseguita per altri tipi di grandi arterie ostruite (vedere la figura Capire l’intervento coronarico percutaneo (PCI)).

Trattamento a lungo termine dell’ictus

Il trattamento a lungo termine dell’ictus prevede delle misure per:

  • Controllare i problemi che possono peggiorare gli effetti di un ictus

  • Prevenire o trattare i problemi causati da un ictus

  • Prevenire ictus futuri

  • Trattare eventuali altri disturbi presenti

Durante il periodo di recupero, elevati livelli di zuccheri nel sangue (iperglicemia) e febbre possono peggiorare il danno cerebrale dopo un ictus. Abbassando tali valori, vengono limitati i danni e si ha un migliore funzionamento.

Prima che i soggetti che hanno avuto un ictus possano iniziare a mangiare, bere o assumere farmaci per via orale si controlla che non presentino problemi di deglutizione. I problemi di deglutizione può causare una polmonite da aspirazione. Le misure per prevenire questo problema vengono avviate precocemente. Se si riscontrano problemi, un terapeuta può insegnare al soggetto a deglutire in modo sicuro. Talvolta, i soggetti hanno bisogno di essere alimentati attraverso un sondino (alimentazione enterale).

Se il soggetto non è in grado di muoversi autonomamente o ha difficoltà a muoversi, è a rischio di sviluppare coaguli di sangue nelle gambe (trombosi venosa profonda) e piaghe da decubito. Si possono utilizzare calze a compressione pneumatica per prevenire la formazione di trombi. Alimentate da una pompa elettrica, queste calze comprimono ripetutamente i polpacci e spostano il sangue all’interno e attraverso le vene. Ai soggetti ad alto rischio di sviluppo di coaguli di sangue è possibile anche somministrare un anticoagulante (quale l’eparina), tramite un’iniezione sottocutanea nell’addome o nel braccio. Spesso si somministra un anticoagulante per via orale.

Le misure per prevenire le piaghe da decubito vengono messe in atto precocemente. Per esempio, il personale cambia periodicamente la posizione a letto del soggetto per evitare la formazione di piaghe da decubito e ispeziona anche regolarmente la cute per rilevare eventuali segni di tali piaghe.

Controllare o trattare i fattori di rischio dell’ictus (come ipertensione arteriosa, diabete, fumo, consumo eccessivo di alcol, alti livelli di colesterolo e obesità) può aiutare a prevenire ictus futuri.

Le statine (come l’atorvastatina) sono farmaci che diminuiscono i livelli di colesterolo e di altri grassi (lipidi). Vengono spesso somministrate quando l’ictus deriva dalla formazione di depositi adiposi nelle arterie (aterosclerosi). Questa terapia può aiutare a prevenire le recidive.

I farmaci antipiastrinici, assunti per via orale, possono essere utilizzati per ridurre il rischio di formazione di coaguli di sangue e quindi per aiutare a prevenire gli ictus dovuti ad aterosclerosi. Può essere utilizzato uno dei seguenti:

  • Aspirina

  • Una compressa combinata di aspirina a basso dosaggio più dipiridamolo

  • Clopidogrel

  • Clopidogrel più aspirina

Il clopidogrel è indicato per i soggetti che sono allergici all’aspirina.

Sembra che l’assunzione di clopidogrel più aspirina riduca il rischio di ictus futuri più dell’assunzione della sola aspirina, ma solo nei primi 3 mesi dopo l’ictus. Successivamente la combinazione non presenta alcun vantaggio aggiuntivo rispetto alla sola aspirina. Inoltre, l’assunzione di clopidogrel più aspirina per un lungo periodo aumenta leggermente il rischio di sanguinamento. Di solito, i farmaci antipiastrinici non vengono somministrati ai soggetti che assumono warfarin, perché aumentano il rischio di sanguinamento. Esistono tuttavia delle eccezioni.

Gli anticoagulanti (come il warfarin), assunti per via orale, possono essere utilizzati per la prevenzione di ictus dovuti a coaguli di sangue. Quando si assume il warfarin, si eseguono regolarmente esami del sangue per misurare il tempo necessario affinché il sangue coaguli. Gli esami regolari sono necessari per accertare che la dose di warfarin non sia troppo alta. Se la dose è troppo alta, aumenta infatti il rischio di sanguinamento.

Il dabigatran, l’apixaban e il rivaroxaban sono anticoagulanti più recenti spesso utilizzati al posto del warfarin. Questi anticoagulanti più recenti sono più pratici da utilizzare perché, a differenza del warfarin, non richiedono regolari controlli mediante analisi del sangue per misurare quanto tempo è necessario al sangue per coagulare. Inoltre, non sono influenzati dagli alimenti ed è improbabile che interagiscano con altri farmaci. I nuovi anticoagulanti presentano però alcuni svantaggi. Dabigatran e apixaban vanno assunti due volte al giorno (il warfarin solo una). Inoltre, affinché i farmaci siano efficaci, il soggetto non deve tralasciare nemmeno una dose di questi farmaci più recenti. Questi farmaci sono anche significativamente più costosi del warfarin.

Le persone con fibrillazione atriale o un disturbo della valvola cardiaca ricevono anticoagulanti (come il warfarin) invece di farmaci antipiastrinici, che non sembrano prevenire la formazione di coaguli di sangue nel cuore.

Occasionalmente, ai soggetti ad alto rischio di un altro ictus (come i soggetti che hanno avuto un ictus minore) si prescrive aspirina più un anticoagulante.

Se sono presenti altri disturbi come insufficienza cardiaca, aritmie e infezioni polmonari, devono essere trattati.

Poiché un ictus determina spesso sbalzi d’umore, specialmente depressione, i familiari o gli amici devono informare il medico nel caso in cui la persona appaia depressa. La depressione può essere trattata con antidepressivi e psicoterapia.

Prognosi dell’ictus ischemico

Quanto prima un ictus viene trattato con un farmaco che sciolga i coaguli di sangue (farmaco trombolitico), tanto più probabile è che il danno cerebrale sia meno grave e tanto migliori sono le probabilità di recupero.

Nei primi giorni dopo un ictus ischemico, il medico di solito non è in grado di prevedere se un paziente andrà incontro a un miglioramento o a un peggioramento. Le persone più giovani e quelle che iniziano a migliorare rapidamente hanno più probabilità di recuperare integralmente.

Circa il 50% dei pazienti con paralisi monolaterale e la maggior parte di quelli che presentano una sintomatologia meno grave recupera parte della funzionalità una volta dimessa dall’ospedale, acquisendo, alla fine, la capacità di soddisfare le necessità fondamentali. Sono in grado di pensare in modo conscio e camminare adeguatamente, sebbene risulti limitato l’uso del braccio o della gamba interessata. L’utilizzo di un braccio è spesso più limitato di quello di una gamba.

Circa il 10% dei pazienti con ictus ischemico riacquista completamente la normale funzionalità.

Alcuni sono fisicamente e mentalmente debilitati e incapaci di muoversi, parlare o alimentarsi normalmente.

Circa il 20% dei pazienti colpiti da ictus ischemico muore entro 28 giorni. La proporzione è maggiore tra gli anziani. Circa il 25% di coloro che guariscono da un primo ictus, ne ha un altro entro 5 anni. Gli ictus successivi alterano ulteriormente la funzionalità.

La maggior parte delle compromissioni ancora presenti dopo 12 mesi sono permanenti.