Gestione degli effetti avversi della terapia antineoplastica

DiRobert Peter Gale, MD, PhD, DSC(hc), Imperial College London
Revisionato/Rivisto lug 2024
Visualizzazione l’educazione dei pazienti

Gli effetti avversi, tra cui citopenie, effetti gastrointestinali e lisi tumorale e sindromi da rilascio di citochine, sono frequenti nei pazienti che ricevono la maggior parte dei tipi di terapia del cancro. I pazienti possono anche avere effetti avversi derivanti dal loro cancro (p. es., depressione, dolore). Gestire con successo questi effetti avversi è importante perché migliora la qualità della vita (vedi anche Panoramica sul trattamento oncologico).

Citopenie

La riduzione delle concentrazioni ematiche dei globuli rossi (GR), dei globuli bianchi, in particolare i granulociti, e delle piastrine deriva da diverse terapie sistemiche contro il cancro, in particolare i farmaci chemioterapici convenzionali, e dalla radioterapia.

Anemia

La riduzione dei livelli di globuli rossi è frequente nei pazienti con cancro. La riduzione dei globuli rossi è dovuta a un effetto diretto del cancro (specialmente nei tumori del sangue e del midollo osseo come le leucemie, i linfomi e il mieloma multiplo) e dagli effetti della terapia del cancro, in particolare i farmaci convenzionali per il cancro (chemioterapia).

Spesso l'anemia non richiede terapia. Alcuni pazienti, in particolare quelli con comorbilità come la malattia cardiovascolare arteriosclerotica, possono trarre beneficio dalle trasfusioni di globuli rossi. Altri possono trarre beneficio dal ricevere eritropoietina ricombinante, che può sostituire le trasfusioni di globuli rossi. Alcuni dati suggeriscono che l'uso di eritropoietina può avere effetti avversi sulla prognosi del cancro ed è protrombotico (1). Sono disponibili linee guida sulla trasfusione di globuli rossi e sull'uso di eritropoietina (2).

Trombocitopenia

Una diminuzione della conta piastrinica è comune nei pazienti affetti da cancro. Le riduzioni delle piastrine derivano da un effetto diretto del cancro (soprattutto tumori del sangue e del midollo osseo come leucemie, linfomi e il mieloma multiplo) e dagli effetti della terapia del cancro, in particolare i farmaci chemioterapici convenzionali. Il rischio di sanguinamento è inversamente proporzionale alla conta piastrinica (vedi tabella Conta piastrinica e rischio di sanguinamento). Concentrazioni piastriniche < 10 000/microL (10 × 109/L) sono pericolose e richiedono trasfusioni di piastrine. Sono stati utilizzati ormoni a clonazione molecolare, come l'eltrombopag e l'avatrombopag, che stimolano i megacariociti a produrre piastrine.

La deplezione leucocitaria dei prodotti ematici trasfusi può prevenire l'alloimmunizzazione alle piastrine e deve essere usata in pazienti con necessità di trasfusioni di piastrine durante cicli multipli di chemioterapia o in candidati a trapianti di cellule ematopoietiche. La deplezione leucocitaria riduce anche la probabilità di contrarre un'infezione da cytomegalovirus.

Neutropenia

Una diminuzione della numerazione dei granulociti è frequente nei pazienti con cancro. La neutropenia è definita come una riduzione del numero dei neutrofili ematici < 1500/mcL (< 1,5 × 109/L); tuttavia, la conta basale dei neutrofili tende a essere più bassa nei pazienti neri rispetto ai pazienti bianchi (3). Le riduzioni dei granulociti possono derivare da un effetto diretto del cancro (in particolare tumori del sangue e del midollo osseo come leucemie, linfomi e il mieloma multiplo) e dagli effetti della terapia del cancro, in particolare i farmaci chemioterapici convenzionali.

Il rischio di infezione è inversamente proporzionale alla conta dei granulociti. Una concentrazione di granulociti < 500/microL (0,5 × 109/L) aumenta notevolmente il rischio di infezione. Le misure per la protezione contro le infezioni, tra cui indossare una maschera, il lavaggio delle mani, e l'isolamento protettivo, sono importanti. Le camere con flusso d'aria laminare sono talvolta utilizzate ma non si sono dimostrate efficaci. Talvolta gli antibiotici non assorbibili per uso orale vengono somministrati a scopo profilattico. Quando è previsto un intervallo prolungato di bassi granulociti, vengono talvolta somministrati farmaci antifungini e antivirali profilattici, compresi i farmaci per prevenire lo Pneumocystis jirovecii. Nei pazienti oncologici che ricevono chemioterapia in cui vi è un'incidenza prevista di neutropenia febbrile > 20%, i fattori di crescita profilattici mieloidi come il filgrastrim, il sargramostim o il pegfilgastrim sono somministrati con la chemioterapia (4, 5).

I pazienti apiretici con neutropenia necessitano di uno stretto follow-up ambulatoriale per la diagnosi della febbre. Questi pazienti devono essere istruiti ad evitare il contatto con persone malate e aree frequentate da un gran numero di persone (p. es., centri commerciali, aeroporti). Sebbene la maggior parte dei pazienti non richieda antibiotici, ai pazienti con immunosoppressione grave viene talvolta somministrato il trimetoprim/sulfametossazolo (una compressa a doppia concentrazione/die) come profilassi per Pneumocystis jirovecii. Nel caso di pazienti che sono stati sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche o nel caso di pazienti trattati con chemioterapia ad alte dosi, la profilassi antivirale (aciclovir 800 mg per via orale 2 volte/die o 400 mg EV ogni 12 h) deve essere considerata qualora i test sierologici siano positivi per il virus dell'herpes simplex.

La febbre> 38,5° C in ≥ 2 occasioni in un paziente con neutropenia è una situazione di emergenza medica. Si deve effettuare una valutazione approfondita per potenziali fonti di infezione ed eseguire emocolture. In genere, vengono somministrati antibiotici sistemici ad ampio spettro prima che i risultati della coltura siano noti e la terapia modificata se necessario. I pazienti con febbre persistente che non rispondono agli antibiotici sono spesso trattati con farmaci antifungini sistemici e talvolta con farmaci antivirali. Gli accertamenti devono comprendere un'immediata RX torace ed esami colturali del sangue, dell'espettorato, delle urine, delle feci e di ogni lesione cutanea sospetta. L'esame obiettivo deve comprendere una valutazione delle possibili sedi di raccolte ascessuali (p. es., cute, orecchie, seni paranasali, area peri-rettale), di cute e mucose per lesioni erpetiche, della retina per lesioni vascolari che suggeriscono emboli infettivi, e delle sedi di catetere. L'esame rettale e l'uso di un termometro rettale deve essere evitato. Altre valutazioni devono essere accompagnate dai reperti clinici.

I pazienti con neutropenia febbrile devono ricevere antibiotici ad ampio spettro scelti sulla base del microrganismo più sospetto. I regimi tipici comprendono cefepime o ceftazidima, iniziati subito dopo aver prelevato i campioni per la coltura. Se sono presenti infiltrati polmonari diffusi, l'espettorato deve essere testato per P. jirovecii, e se positivo, occorre iniziare una terapia appropriata. Se la febbre si risolve entro 72 h dall'inizio della terapia antibiotica empirica, questa deve essere proseguita fino a quando la conta dei neutrofili non è > 500/mcL (0,5 × 109/L). Se la febbre persiste, occorre aggiungere antifungini. Viene anche eseguita una rivalutazione dell'infezione, spesso comprendente una TC del torace e dell'addome.

Le concentrazioni di granulociti possono essere aumentate somministrando fattori di crescita mieloidi clonati molecolarmente come granulociti (G) o fattori stimolanti le colonie di granulociti o granulociti/macrofagi (GMF) come il filgrastim, il sargramostim e il peg-filgrastim. Sono disponibili linee guida per l'uso appropriato di questi farmaci (4). In pazienti selezionati con neutropenia dovuta a chemioterapia, soprattutto dopo chemioterapia ad alte dosi, si possono somministrare fattore stimolante le colonie granulocitarie (granulocyte colony-stimulating factor [G-CSF]) o fattore stimolante le colonie granulocitarie-macrofagiche (granulocyte-macrophage colony-stimulating factor [GM-CSF]) al fine di abbreviare la durata della neutropenia. Per accelerare la ripresa dei globuli bianchi possono essere impiegati GM-CSF 5 mcg/kg 1 volta/die sottocute fino a 14 giorni e formulazioni a più lunga durata d'azione (p. es., pegfilgrastim 6 mg sottocute in singola somministrazione una volta per ogni ciclo di chemioterapia). Questi farmaci non devono essere somministrati nelle prime 24 h dopo la chemioterapia e, per il pegfilgrastim, devono intercorrere almeno 14 giorni sino alla successiva somministrazione programmata di chemioterapia. Questi farmaci sono iniziati al momento dell'insorgenza della febbre o della sepsi o, nei pazienti apiretici ma ad alto rischio, quando la conta dei neutrofili scende a < 500/microL (0,5 × 109/L).

Molti centri di trattamento del cancro utilizzano il trattamento ambulatoriale con G-CSF in pazienti selezionati con febbre e neutropenia che sono a basso rischio di infezione. I candidati non devono presentare ipotensione, stato mentale alterato, dispnea, dolore incontrollato o gravi comorbilità, come diabete, cardiopatie o ipercalcemia. La terapia in questi casi richiede un follow up quotidiano e spesso interessa servizi infermieristici domiciliari e infusione antibiotica a domicilio. Alcuni regimi comportano l'utilizzo di antibiotici orali, come la ciprofloxacina associata all'amoxicillina/clavulanato. Se non sono disponibili programmi istituzionali prestabiliti per il follow up e il trattamento della febbre neutropenica in regime ambulatoriale, allora è opportuno ricorrere all'ospedalizzazione.

Riferimenti relativi alla citopenia

  1. 1. Heregger R, Greil R: Erythropoiesis-stimulating agents—benefits and harms in the treatment of anemia in cancer patients. memo 16: 259–262, 2023. https://doi.org/10.1007/s12254-023-00902-4

  2. 2. Bohlius J, Bohlke K, Castelli R, et al: Management of cancer-associated anemia with erythropoiesis-stimulating agents: ASCO/ASH Clinical Practice Guideline Update. J Clin Oncol 37(15):1336–1351, 2019. doi: 10.1200/JCO.18.02142

  3. 3. Borinstein SC, Agamasu D, Schildcrout JS, et al: Frequency of benign neutropenia among Black versus White individuals undergoing a bone marrow assessment. J Cell Mol Med 26(13):3628–3635, 2022. doi:10.1111/jcmm.17346

  4. 4. Crawford J, Becker PS, Armitage JO, et al: Myeloid Growth Factors, Version 2.2017, NCCN Clinical Practice Guidelines in Oncology. J Natl Compr Canc Netw 15, 12; 10.6004/jnccn.2017.0175

  5. 5. Smith TJ, Bohlke K, Lyman GH, et al: Recommendations for the Use of WBC Growth Factors: American Society of Clinical Oncology Clinical Practice Guideline Update. J Clin Oncol 33(28):3199–3212, 2015. doi: 10.1200/JCO.2015.62.3488

Effetti gastrointestinali

Gli effetti avversi gastrointestinali sono frequenti nei pazienti con cancro. Questi effetti possono essere causati dal cancro stesso, dalla terapia del cancro o da entrambi.

Anoressia

L'anoressia è frequente nei pazienti con cancro e può essere causata direttamente dal cancro o come conseguenza della (e) terapia (e) tumorale (i). Una perdita di oltre il 10% del peso corporeo ideale predice una prognosi sfavorevole. Bisogna fare degli sforzi per mantenere una nutrizione ragionevole. Talvolta è necessaria la nutrizione parenterale. I pazienti con interruzione chirurgica del tratto gastrointestinale possono aver bisogno di una gastrostomia di alimentazione. I farmaci che possono aumentare l'appetito comprendono corticosteroidi, megestrolo acetato, steroidi androgeni e dronabinolo. Non è chiaro se questi farmaci possano ridurre in modo convincente l'anoressia, invertire la perdita di peso, migliorare la qualità della vita o prolungare la sopravvivenza. Gli steroidi anabolizzanti, come il testosterone, sono controindicati nei pazienti con cancro alla prostata o al fegato.

Stipsi

La stipsi è frequente nei pazienti con cancro ed è spesso aggravata dagli oppiacei usati per trattare il dolore. Deve essere iniziato un lassativo stimolante come la senna 2 compresse per via orale prima di coricarsi (massimo 8 compresse/die) o bisacodile 5-15 mg per via orale al momento di coricarsi nel caso sia prevista un'assunzione ripetuta di oppiacei. Una volta instauratasi, la stipsi può essere trattata con vari farmaci (p. es., bisacodile 5-15 mg per via orale ogni 24 h, latte di magnesio 15-30 mL per via orale prima di coricarsi, lattulosio 15-30 mL (10 a 20 g) ogni 12-24 h, magnesio citrato 195-300 mL volta ogni 24 h). Clisteri e supposte devono essere evitati nei pazienti con neutropenia o trombocitopenia.

Diarrea

La diarrea è frequente dopo farmaci chemioterapici, farmaci per terapie mirate e radioterapia, specialmente se l'addome e/o la pelvi sono inclusi nel campo delle radiazioni. Di solito è trattata con loperamide da 2 a 4 mg per via orale dopo ogni evacuazione di feci non formate, oppure, con 2,5 mg a 5 mg orali di difenossilato/atropina ogni 6 h. Tuttavia, le dosi dipendono da vari fattori. I pazienti con cancro che assumono antibiotici ad ampio spettro possono essere infettati Clostridioides (precedentemente noto come Clostridium) difficile, che deve essere testato e trattato con vancomicina. I pazienti con cancri del colon-retto inferiori possono essere sottoposti a una colostomia derivativa, che complica la gestione della diarrea. In caso di diarrea o di alterata funzionalità intestinale, può essere necessaria un'alimentazione parenterale.

Mucosite orale

Lesioni della bocca come infiammazione e ulcere sono comuni nei pazienti che ricevono farmaci chemioterapici e/o radioterapia. A volte queste lesioni sono complicate da un'infezione, spesso con Candida albicans. La candidosi è di solito trattata con la nistatina.

La candidosi orale può essere trattata con una sospensione orale di nistatina, compresse di clotrimazolo o fluconazolo.

La mucosite dovuta a radioterapia può causare dolore e precludere una sufficiente alimentazione orale, portando a denutrizione e perdita di peso. I collutori con analgesici e anestetici topici (lidocaina viscosa al 2%, 5-10 mL ogni 2 h o altre associazioni disponibili in commercio) prima dei pasti, una dieta leggera senza agrumi o succhi e il cercare di evitare temperature estreme possono permettere ai soggetti di alimentarsi e mantenere il peso. In caso contrario, un sondino per l'alimentazione può risultare utile se l'intestino tenue è funzionante. In caso di mucosite grave, può essere necessaria un'alimentazione parenterale.

Nausea e vomito

Nausea e vomito sono frequenti nei pazienti con cancro, indipendentemente dal fatto che stiano ricevendo o meno una terapia antitumorale e riducono la qualità della vita. Le variabili che predicono la probabilità di causare nausea e vomito secondari alle terapie antitumorali sono

  • Tipo di farmaco(i)

  • Via di somministrazione

  • Dose

  • Frequenza del dosaggio

  • Interazioni farmaco-farmaco

Alcuni farmaci chemioterapici possono causare nausea e vomito, compresi farmaci contenenti platino come il cisplatino e l'oxaliplatino. I pazienti trattati con altre modalità per il cancro, tra cui radioterapia, ormoni, terapie mirate e immunoterapia possono avere anche nausea e vomito. Diversi farmaci sono efficaci nel controllare e/o nel prevenire la nausea e il vomito:

  • Gli antagonisti dei recettori della serotonina sono i farmaci più efficaci. In teoria non si verifica praticamente nessuna tossicità con il granisetron e l'ondansetron a parte cefalea e ipotensione ortostatica. L'efficacia nei confronti di agenti altamente emetizzanti, come i farmaci contenenti platino, può essere migliorata con la co-somministrazione di desametasone 8 mg EV somministrati 30 minuti prima della chemioterapia con dosi ripetute di 4 mg EV ogni 8 h.

  • Una sostanza antagonista della P/neurochinina-1, l'aprepitant, può limitare la nausea e il vomito indotti da una chemioterapia altamente emetizzante. Il dosaggio è di 125 mg per via orale 1 h prima della chemioterapia al giorno 1, poi 80 mg per via orale 1 h prima della chemioterapia nei giorni 2 e 3.

  • Altri antiemetici tradizionali, tra cui le fenotiazine (p. es., proclorperazina o prometazina) e la metoclopramide somministrati prima, e spesso ripetuti durante o dopo la chemioterapia, sono alternative limitate ai pazienti con nausea e vomito da lievi a moderati.

  • Il dronabinolo (Δ-9-tetraidrocannabinolo [THC]) rappresenta un trattamento alternativo per la nausea e il vomito provocati dalla chemioterapia. Il tetraidrocannabinolo è il principale componente psicoattivo della marijuana. Il meccanismo dell'azione antiemetica di tale farmaco è sconosciuto, ma si ritiene che i cannabinoidi si leghino ai recettori per gli oppiacei dell'encefalo anteriore e possano indirettamente inibire il centro del vomito. Il dronabinolo viene somministrato in dosi di 5 mg/m2 per via orale 1-3 h prima della chemioterapia, con dosi ripetute ogni 2-4 h dopo l'inizio della chemioterapia (massimo di 4-6 dosi/die). Tuttavia, il farmaco ha una biodisponibilità orale variabile, non è efficace nell'inibire la nausea e il vomito indotti da regimi chemioterapici contenenti cisplatino e ha importanti effetti avversi (p. es., sonnolenza, ipotensione ortostatica, xerostomia, alterazioni dell'umore, alterazioni della cognizione spazio-temporale). Il fumo di marijuana può essere più efficace. La marijuana per alleviare la nausea e il vomito può essere ottenuta legalmente in alcuni stati, anche se la legge federale ne proibisce ancora l'uso. Viene utilizzata meno comunemente a causa delle barriere che ne ostacolano la disponibilità e perché molti pazienti non possono tollerare il fumo.

  • Le benzodiazepine, come il lorazepam 1-2 mg per via orale o EV somministrati 10-20 minuti prima della chemioterapia con dosi ripetute ogni 4-6 h al bisogno, a volte sono utili per i casi di nausea e vomito refrattari o anticipatori.

Dolore

Il dolore, tra cui il dolore cronico e/o neuropatico, è frequente nei pazienti con cancro e deve essere anticipato e trattato in modo aggressivo.

Il trattamento del dolore può comprendere l'acetaminofene (paracetamolo) o farmaci antinfiammatori non steroidei. Tuttavia, questi farmaci sono spesso inefficaci nel controllare il dolore causato dal cancro, e possono essere necessari gli oppiacei (p. es., la morfina, l'ossicodone, l'idromorfone, il fentanil metadone e l'ossimorfone). Una dose e un programma appropriati di questi farmaci sono essenziali per un adeguato controllo del dolore (vedi tabella Analgesici oppiacei). Di solito il paziente con il cancro è il miglior giudice di quando sono necessari gli analgesici. L'anestesia controllata dal paziente utilizzando una pompa a permanenza consente al paziente di gestire la dose e la tempistica degli analgesici.

L'uso di molteplici classi di farmaci può assicurare un miglior controllo del dolore con effetti avversi in minor numero o meno gravi rispetto all'utilizzo di una singola classe di farmaci. L'aspirina e i FANS devono essere evitati nei pazienti con trombocitopenia.

Il dolore neuropatico può essere trattato con gabapentin; la dose necessaria è elevata (fino a 1200 mg per via orale 3 volte/die) ma il farmaco deve essere iniziato a basso dosaggio (p. es., 300 mg 3 volte/die) e poi aumentato nell'arco di alcune settimane. In alternativa, un antidepressivo triciclico (p. es., nortriptilina 25-75 mg per via orale al momento di coricarsi) può essere provato. Le dosi possono variare in larga misura tra i pazienti.

Gli oppiacei sono il cardine del controllo del dolore nei pazienti con cancro e sono spesso sottoutilizzati. Gli antidolorifici devono essere somministrati alle dosi e nei programmi che raggiungono l'obiettivo di controllo del dolore. Troppo spesso le persone con cancro ricevono un controllo inadeguato del dolore.

Altri approcci possono essere necessari per controllare il dolore in circostanze particolari. Per esempio, la terapia radiante è spesso necessaria per il dolore osseo. Il blocco nervoso e la chirurgia possono essere eseguiti per interrompere le vie nervose.

Depressione e ansia

L'ansia è frequente nelle persone con cancro. Spesso la depressione non è diagnosticata. Essa può verificarsi in risposta alla malattia (suoi sintomi e conseguenze temute), a effetti avversi dei trattamenti, o a entrambi. I pazienti che ricevono l'interferone possono sviluppare depressione. L'alopecia come risultato di radioterapia o chemioterapia può contribuire alla depressione. Una discussione aperta con il paziente riguardo ai suoi timori può contribuire ad alleviare l'ansia. Il trattamento della depressione o dell'ansia con farmaci e/o psicoterapia può essere spesso efficace.

Sindrome da lisi tumorale e sindrome da rilascio di citochine

Sindrome da lisi tumorale

La sindrome da lisi tumorale è dovuta alla rapida morte delle cellule tumorali, causata da farmaci citotossici e da alcuni tipi di immunoterapia (p. es. trattamento con cellule CAR-T), dal rilascio di componenti intracellulari nel flusso sanguigno, in particolare di acidi nucleici (che vengono scomposti in acido urico, causando iperuricemia). La sindrome da lisi tumorale causa anche iperfosfatemia, ipocalcemia e iperkaliemia. L'acido urico può precipitare nei tubuli renali e causare un danno renale acuto (vedi anche Nefropatia acuta da urati). A seconda del prodotto fosfato × calcio, l'iperfosfatemia può causare depositi di fosfato di calcio nei tubuli renali e nel sistema di conduzione cardiaco; può anche portare a ipocalcemia che può causare tetania. L'iperkaliemia può causare aritmie cardiache. I sintomi della lisi tumorale comprendono letargia, anoressia, nausea, vomito e convulsioni.

La sindrome di lisi tumorale si verifica principalmente nelle leucemie e nei linfomi ma può anche verificarsi in altre neoplasie ematologiche e, raramente, dopo il trattamento di tumori solidi. I vaccini a cellule T usati per trattare leucemie a cellule B potrebbero innescare una lisi tumorale e il rilascio di citochine per giorni o settimane dopo la vaccinazione, mettendo il paziente a rischio di vita.

I criteri diagnostici per la sindrome da lisi tumorale comprendono

Il trattamento della sindrome da lisi tumorale si basa sull'allopurinolo 200-400 mg/m2 1 volta/die, massimo 600 mg/die e soluzione fisiologica EV > 2 L/die per mantenere una buona diuresi devono essere iniziati con stretto monitoraggio laboratoristico e cardiaco. Sebbene alcuni medici consiglino il NaHCO3 (bicarbonato di sodio) EV per alcalinizzare le urine e aumentare la solubilizzazione dell'acido urico, l'alcalinizzazione può favorire la deposizione di fosfato di calcio nei pazienti con iperfosfatemia, e inoltre occorre evitare un pH > 7. Il trattamento dell'iperkaliemia viene somministrato a seconda del livello sierico di potassio e può coinvolgere farmaci che riducono la somministrazione orale di potassio, del calcio EV e del glucosio e dell'insulina EV. Il trattamento dell'ipocalcemia è il calcio EV, ma poiché questo può causare un aumento della precipitazione di fosfato di calcio, il calcio non deve essere somministrato in caso di ipocalcemia asintomatica a meno che l'iperfosfatemia non sia corretta. I pazienti sintomatici che hanno un'ipocalcemia (p. es., con aritmie, tetania) devono ricevere calcio EV indipendentemente dal livello sierico di fosfato.

La prevenzione della sindrome da lisi tumorale è auspicabile. Spesso è possibile anticipare lo sviluppo della sindrome da lisi tumorale (p. es., nel trattamento di tumori con rapido ricambio cellulare) e somministrare grandi quantità di liquidi e allopurinolo o rasburicasi prima di iniziare la chemioterapia e talvolta prima della terapia immunitaria (come gli anticorpi monoclonali bispecifici o le cellule CAR-T) per proteggere i reni dai danni da acido urico. I pazienti devono ricevere una vigorosa idratazione EV per stabilire una diuresi di almeno 100 mL/h prima del trattamento. I pazienti devono pure essere trattati con allopurinolo per almeno 2 giorni prima e durante la chemioterapia; nei pazienti con alto carico cellulare, questo regime può essere continuato per 10-14 giorni dopo la terapia. Il rasburicase è un enzima che ossida l'acido urico in allantoina (una molecola più solubile) e viene somministrato a 0,15-0,2 mg/kg EV in 30 minuti 1 volta/die per 5-7 giorni, tipicamente iniziato 4-24 h prima del primo trattamento chemioterapico. Effetti avversi possono comprendere anafilassi, emolisi, emoglobinuria e metaemoglobinemia.

Sono disponibili linee guida per la valutazione e la gestione della sindrome da lisi tumorale (1, 2).

Sindrome da rilascio di citochine

La sindrome da rilascio di citochine è correlata ma distinta dalla sindrome da lisi tumorale. La sindrome da rilascio di citochine si verifica quando un gran numero di cellule immunitarie viene attivato e rilasciano citochine infiammatorie, tra cui l'interleuchina (IL)-6 e l'interferone gamma. È una frequente complicazione delle immunoterapie come gli anticorpi monoclonali bi-specifici o le cellule CAR-T (3).

Le caratteristiche cliniche comprendono febbre, affaticamento, perdita di appetito, dolori muscolari e articolari, nausea, vomito, diarrea, eruzione cutanea, e mal di testa. Possono verificarsi tachipnea, tachicardia, ipotensione, tremore, perdita di coordinazione, convulsioni e delirium.

Le caratteristiche tipiche comprendono

  • Ipossia

  • Pressione del polso aumentata

  • Aumento o diminuzione della gittata cardiaca

  • Aumento dell'urea ematica del D-dimero, degli enzimi epatici e della bilirubina

  • Livello di fibrinogeno basso

La classificazione della sindrome da rilascio di citochine (4) è la seguente:

  • Grado 1: i sintomi (p. es., febbre, nausea, stanchezza, mal di testa, mialgie, malessere) non sono pericolosi per la vita e richiedono solo un trattamento sintomatico.

  • Grado 2: sintomi tra cui ipossia che richiede e risponde a un intervento moderato con supplementazione di ossigeno fino al 40% della frazione di ossigeno inspirato (FiO2) o ipotensione che è sensibile ai liquidi o a vasopressori a basso dosaggio. Queste anomalie rappresentano una tossicità d'organo di grado 2.

  • Grado 3: sintomi, compresi l'ipossia, che richiedono e rispondono a un intervento aggressivo con supplementazione di ossigeno ≥ 40% di FiO2 o ipotensione che richiede vasopressori ad alte dosi o vasopressori multipli, il che è indicativo di tossicità d'organo di grado 3, o in caso di marcato aumento dei test epatici, che indicano una transaminite di grado 4.

  • Grado 4: i sintomi sono pericolosi per la vita, comprendono la necessità di supporto ventilatorio, indicano tossicità d'organo di grado 4 (esclusa la transaminite).

  • Grado 5: morte

La terapia della sindrome da rilascio delle citochine di basso grado (ossia, di grado 1) è di supporto. Una sindrome da rosolia congenita di grado moderato (ossia, di grado 2 e 3) richiede l'ossigenoterapia e liquidi e uno o più farmaci contro l'ipotensione per aumentare la pressione arteriosa. La sindrome da rilascio delle citochine moderata e quella grave (ossia, gradi 3 e 4) sono trattate con farmaci immunosoppressori come i corticosteroidi. Il tocilizumab, un anticorpo monoclonale anti-interleuchina-6 (IL-6), è utilizzato anche in casi di sindrome da rilascio di citochine grave.

La sindrome da neurotossicità associata alle cellule immunitarie effettrici è una sindrome neuropsichiatrica che può verificarsi in alcuni pazienti con cancro trattato con immunoterapia. Essa si verifica in alcuni ma non in tutti i pazienti con sindrome da rilascio di citochine ed è stata chiamata sindrome da encefalopatia da rilascio di citochine. I sintomi comprendono confusione, livello di coscienza ridotto, disturbi dell'attenzione, letargia, alterazioni dello stato mentale, delirium, vertigini, spasmi muscolari e debolezza muscolare (4).

La neurotossicità lieve è trattata con terapia di supporto. Una neurotossicità più grave viene trattata con il desametasone o con il metilprednisolone. I pazienti con grave neurotossicità possono aver bisogno di un trattamento in terapia intensiva.

Riferimenti per la sindrome da lisi tumorale e la sindrome da rilascio di citochine

  1. 1. Cairo MS, Coiffier B, Reiter A, et al: Recommendations for the evaluation of risk and prophylaxis of tumour lysis syndrome (TLS) in adults and children with malignant diseases: an expert TLS panel consensus. Br J Haematol 149(4):578–586, 2010. doi: 10.1111/j.1365-2141.2010.08143.x

  2. 2. Coiffier B, Altman A, Pui CH, et al: Guidelines for the management of pediatric and adult tumor lysis syndrome: an evidence-based review. J Clin Oncol 26(16):2767–2778, 2008. doi: 10.1200/JCO.2007.15.0177

  3. 3. Shi X, Wu H: Recent advances in the prevention and management of cytokine release syndrome after chimeric antigen receptor T-cell therapy. European Journal of Inflammation 2022;20. doi:10.1177/1721727X221078727

  4. 4. Lee DW, Santomasso BD, Locke FL, et al: ASTCT consensus grading for cytokine release syndrome and neurologic toxicity associated with immune effector cells. Biol Blood Marrow Transplant 25(4):625–638, 2019. doi: 10.1016/j.bbmt.2018.12.758

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