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Trattamento delle esacerbazioni acute della broncopneumopatia cronica ostruttiva

DiRobert A. Wise, MD, Johns Hopkins Asthma and Allergy Center
Revisionato/Rivisto mag 2024
Visualizzazione l’educazione dei pazienti

La gestione della broncopneumopatia cronica ostruttiva implica sia il trattamento della malattia cronica stabile, sia il trattamento delle riacutizzazioni.

Il trattamento delle riacutizzazioni comporta

  • Supplementazione con ossigeno

  • Broncodilatatori

  • Corticosteroidi

  • Antibiotici

  • A volte supporto respiratorio con ventilazione non invasiva o intubazione e ventilazione meccanica

Gli obiettivi immediati sono garantire un'adeguata ossigenazione e un pH vicino alla normalità, risolvere l'ostruzione delle vie aeree e trattare qualsiasi causa.

La causa di un'esacerbazione acuta rimane spesso sconosciuta, sebbene la maggior parte delle riacutizzazioni siano dovute a infezioni batteriche o virali. Anche il fumo, l'esposizione ad agenti irritativi inalati e alti livelli di inquinamento atmosferico possono contribuire.

I pazienti con esacerbazioni lievi e adeguato supporto domiciliare possono spesso essere trattati ambulatorialmente. Gli anziani, i pazienti fragili e i pazienti con comorbilità, anamnesi di insufficienza respiratoria o alterazioni acute dell'emogasanalisi vengono ricoverati in ospedale per l'osservazione e il trattamento. I pazienti con riacutizzazioni potenzialmente mortali caratterizzate da ipossiemia moderata o grave non corretta, acidosi respiratoria acuta, aritmie di nuova insorgenza o funzionalità respiratoria in progressivo deterioramento nonostante il trattamento ospedaliero devono essere ricoverati in un'unità di terapia intensiva e il loro stato respiratorio deve essere frequentemente monitorato.

Ossigeno in caso di esacerbazione acuta della broncopneumopatia cronica ostruttiva

Molti pazienti, anche quelli che non necessitano di un supporto cronico di ossigeno, necessitano di un'integrazione di ossigeno durante un'esacerbazione della broncopneumopatia cronica ostruttiva. L'ipercapnia può peggiorare in pazienti che ricevono ossigeno. Questo peggioramento è stato tradizionalmente ritenuto derivare da un'attenuazione del drive respiratorio ipossico. La somministrazione di ossigeno, sebbene possa peggiorare l'ipercapnia, è raccomandata. Molti pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva hanno un'ipercapnia cronica ed anche acuta e quindi una grave depressione del sistema nervoso centrale è improbabile a meno che la pressione parziale di CO2 arteriosa (PaCO2) sia > 85 mmHg. Il livello target per la pressione parziale di O2 arterioso (PaO2) è di circa 60 mmHg; livelli più alti offrono poco vantaggio e aumentano il rischio di ipercapnia. Nella maggior parte dei casi, basse concentrazioni di ossigeno miglioreranno l'ipossiemia. La necessità di elevate concentrazioni di ossigeno suggerisce una fisiologia da shunt destro-sinistro e altri fattori che contribuiscono all'ipercapnia (p. es., polmonite o edema polmonare).

Nei pazienti che sono inclini all'ipercarpnia (ossia, un'elevazione del bicarbonato sierico può indicare la presenza di un'acidosi respiratoria compensata), l'ossigeno viene somministrato per via nasale o maschera di Venturi in modo che possa essere strettamente regolato e il paziente sia strettamente monitorato. I pazienti la cui condizione peggiora nonostante la terapia con ossigeno (p. es., quelli con acidosi grave o depressione del sistema nervoso centrale) richiedono un'assistenza ventilatoria.

Molti pazienti che necessitano della terapia con ossigeno a casa per la prima volta quando vengono dimessi dall'ospedale per via di una riacutizzazione migliorano entro 30 giorni e non necessitano più della terapia con ossigeno. Pertanto, la necessità di ossigeno a domicilio deve essere rivalutata da 60 a 90 giorni dopo la dimissione.

Assistenza ventilatoria in caso di esacerbazione acuta della broncopneumopatia cronica ostruttiva

La ventilazione non invasiva a pressione positiva (p. es., con supporto pressorio o la ventilazione con pressione positiva delle vie aeree attraverso la maschera facciale) rappresenta un'alternativa alla ventilazione meccanica completa. Sembra che la ventilazione non invasiva diminuisca la necessità di intubazione, riduca la degenza ospedaliera e diminuisca la mortalità nei pazienti con esacerbazioni gravi (definite come un pH < 7,30 in pazienti emodinamicamente stabili non a rischio immediato di arresto respiratorio) (1).

La ventilazione non invasiva non sembra avere alcun effetto nei pazienti con riacutizzazioni meno gravi. Tuttavia, questa può essere indicata per pazienti con riacutizzazioni meno importanti nei quali l'emogasanalisi peggiora nonostante la terapia farmacologica iniziale o con ossigeno, oppure per coloro che sembrano essere candidati imminenti alla ventilazione meccanica completa, ma non richiedono l'intubazione per il controllo della via aerea o la sedazione per l'agitazione. Anche i pazienti che hanno dispnea grave e iperinflazione, e utilizzano i muscoli accessori della respirazione possono avere sollievo dalla pressione positiva. Il peggioramento durante la ventilazione non invasiva necessita della conversione della ventilazione in quella meccanica invasiva.

Il deterioramento dei valori dell'emogasanalisi, il deterioramento dello stato mentale e il progressivo affaticamento respiratorio sono indicazioni per l'intubazione endotracheale e la ventilazione meccanica. L'impostazione del ventilatore, le strategie di gestione e le complicanze sono descritte altrove. I fattori di rischio per la dipendenza ventilatoria comprendono

  • Volume espiratorio forzato in 1 secondo (FEV1) < 0,5 L

  • Emogasanalisi stabile con una PaO2 < 50 mmHg, o una PaCO2 > 60 mmHg

  • Grave limitazione dell'esercizio

  • Cattivo stato nutrizionale

Se i pazienti sono ad alto rischio, occorre quindi avviare una discussione circa i loro desideri in termini di intubazione e ventilazione meccanica (vedi Direttive anticipate) mentre la loro condizione è stabile e non sono ricoverati. Tuttavia, eccessive preoccupazioni in merito alla possibile dipendenza dal ventilatore non devono ritardare la gestione di un'insufficienza respiratoria acuta; molti pazienti che necessitano di ventilazione meccanica possono tornare al loro livello di salute precedente all'esacerbazione.

L'ossigenoterapia nasale ad alto flusso è stata anche usata per i pazienti con insufficienza respiratoria acuta dovuta a una riacutizzazione della broncopneumopatia cronica ostruttiva e può essere provata per coloro che non tollerano la ventilazione con maschera non invasiva.

Nei pazienti che necessitano di una prolungata intubazione (p. es., > 2 settimane), è indicata una tracheostomia per migliorare il comfort, la comunicazione e l'alimentazione. Mediante un buon programma di riabilitazione polmonare multidisciplinare, che comprenda un supporto nutrizionale e psicologico, per molti pazienti che hanno avuto bisogno di una prolungata ventilazione meccanica potrà essere sospesa tale procedura e potranno ritornare ai loro precedenti livelli di funzionalità.

Per i pazienti che rimangono dipendenti dal ventilatore dopo un'insufficienza respiratoria acuta, sono disponibili programmi specializzati. Alcuni pazienti possono rimanere senza ventilatore durante il giorno. Nei pazienti con un adeguato supporto domiciliare, l'educazione dei familiari può consentire di dimettere il paziente con il ventilatore.

Nei pazienti con grave ipercapnia cronica che ospedalizzati per una riacutizzazione, la ventilazione notturna non invasiva riduce l'ipercapnia e può migliorare la sopravvivenza (2). Questo trattamento non migliora la qualità della vita a lungo termine, quindi la sua implementazione deve coinvolgere un processo decisionale condiviso con il paziente.

Consigli ed errori da evitare

  • Tuttavia, eccessive preoccupazioni in merito alla possibile dipendenza dal ventilatore non devono ritardare la gestione di un'insufficienza respiratoria acuta; molti pazienti che necessitano di ventilazione meccanica possono tornare al loro livello di salute precedente all'esacerbazione.

Riferimenti per l'assistenza ventilatoria

  1. 1. Osadnik CR, Tee VS, Carson-Chahhoud KV, Picot J, Wedzicha JA, Smith BJ. Non-invasive ventilation for the management of acute hypercapnic respiratory failure due to exacerbation of chronic obstructive pulmonary disease. Cochrane Database Syst Rev 2017;7(7):CD004104. Published 2017 Jul 13. doi:10.1002/14651858.CD004104.pub4

  2. 1. Raveling T, Vonk J, Struik FM, et al. Chronic non-invasive ventilation for chronic obstructive pulmonary disease. Cochrane Database Syst Rev 2021;8(8):CD002878. Published 2021 Aug 9. doi:10.1002/14651858.CD002878.pub3

Terapia farmacologica nelle esacerbazioni acute della broncopneumopatia cronica ostruttiva

La terapia farmacologica con beta-agonisti e anticolinergici, con o senza corticosteroidi, deve essere iniziata contemporaneamente all'ossigenoterapia (indipendentemente da quanto ossigeno viene somministrato) con lo scopo di eliminare l'ostruzione delle vie aeree. Le metilxantine, un tempo considerate essenziali nel trattamento delle esacerbazioni acute della broncopneumopatia cronica ostruttiva, non sono più utilizzate; la loro tossicità supera i benefici.

Beta-agonisti

I beta-agonisti a breve durata d'azione rappresentano la pietra miliare della terapia farmacologica delle esacerbazioni acute. Il farmaco più utilizzato è l'albuterolo. L'inalazione con l'inalatore pre-dosato causa una rapida broncodilatazione; non ci sono dati che indichino una maggiore efficacia dei nebulizzatori rispetto agli inalatori pre-dosati mantenendo la stessa dose. In caso di broncospasmo grave non responsivo, a volte possono essere somministrati trattamenti nebulizzanti continui.

Agenti anticolinergici

L'ipratropio, un anticolinergico, è efficace nelle esacerbazioni acute della broncopneumopatia cronica ostruttiva e dev'essere somministrato contemporaneamente o dopo un beta-agonista. La dose è 0,25-0,5 mg con nebulizzatore o 2-4 inalazioni (17 o 18 mcg di farmaco rilasciati per spruzzo) con inalatore pre-dosato ogni 4-6 h. L'ipratropio assicura generalmente un effetto broncodilatatore simile a quello dei più comuni beta-agonisti.

Il ruolo dei farmaci anticolinergici a più lunga durata nel trattamento delle riacutizzazioni acute non è stato definito.

Corticosteroidi

I corticosteroidi devono essere iniziati immediatamente in tutte le riacutizzazioni, tranne che in quelle lievi. Le opzioni comprendono prednisone da 30 a 60 mg per via orale 1 volta/die per 5-7 giorni e sospensione immediata o diminuzione del dosaggio in 7-14 giorni a seconda della risposta clinica. Un'alternativa parenterale è il metilprednisolone da 60 a 500 mg EV 1 volta/die per 3 giorni, poi ridotto gradualmente in 7-14 giorni. Questi farmaci sono equivalenti nei loro effetti acuti.

Antibiotici

Si consigliano gli antibiotici per le esacerbazioni nei pazienti con espettorato purulento. Alcuni medici somministrano empiricamente antibiotici sulla base della variazione del colore dell'escreato e in caso di anomalie aspecifiche alla RX torace. Le colture routinarie e la colorazione di Gram prima del trattamento non sono necessarie tranne che nel sospetto della presenza di microrganismi inconsueti o resistenti (p. es., nei pazienti ospedalizzati, in case di cura o immunosoppressi). I farmaci attivi nei confronti della flora orale sono indicati.

La scelta del farmaco è stabilita in base all'anamnesi del paziente ed in base alle caratteristiche ed alla sensibilità del batterio infettante. Trimetoprim/sulfametossazolo, amoxicillina e doxiciclina vanno somministrati per 7-14 giorni. Un antibiotico alternativo è l'azitromicina.

Quando i pazienti sono gravemente malati o l'evidenza clinica indica una possibile resistenza del microrganismo infettante, possono essere utilizzati farmaci di seconda linea di più ampio spettro. Questi farmaci comprendono l'amoxicillina/clavulanato, i fluorochinoloni (p. es., ciprofloxacina, levofloxacina) e le cefalosporine di 2a generazione (p. es., cefuroxima, cefaclor). Questi farmaci sono efficaci contro le beta-lattamasi prodotte da ceppi di Haemophilus influenzae e Moraxella catarrhalis (precedentemente noto come Branhamella catarrhalis) ma non hanno dimostrato essere più efficaci dei farmaci di prima linea nella maggior parte dei pazienti.

I pazienti possono essere addestrati a riconoscere le variazioni dell'espettorato da normale a purulento, come segno di riacutizzazione imminente, e ad iniziare un ciclo di terapia antibiotica di 10-14 giorni.

Se disponibile, i test per i bassi livelli di proteina C-reattiva possono guidare quali pazienti possono evitare l'uso di antibiotici (1).

La profilassi antibiotica a lungo termine è raccomandata solo per i pazienti con preesistenti alterazioni strutturali del polmone, come bronchiectasie o bolle infette.

Nei pazienti con frequenti riacutizzazioni, l'uso dei macrolidi a lungo termine riduce la frequenza di esacerbazioni, ma può avere effetti avversi.

Altri farmaci

Gli antitussivi, come il destrometorfano e il benzonatato, non hanno alcun ruolo nel trattamento delle riacutizzazioni della broncopneumopatia cronica ostruttiva.

Gli oppiacei (p. es., codeina, idrocodone, ossicodone) devono essere usati con giudizio per il sollievo dei sintomi (p. es., tosse parossistica grave, dolore) per il fatto che questi farmaci possono sopprimere una tosse produttiva, mettere in pericolo lo stato mentale e causare stitichezza.

Riferimento relativo all'ossigenoterapia

  1. 1. Butler CC, Gillespie D, White P, et al. C-Reactive Protein Testing to Guide Antibiotic Prescribing for COPD Exacerbations. N Engl J Med 2019;381(2):111-120. doi:10.1056/NEJMoa1803185

Punti chiave

  • La maggior parte dei pazienti ricoverati con esacerbazione della broncopneumopatia cronica ostruttiva richiede l'integrazione di ossigeno durante un'esacerbazione.

  • I beta-agonisti a breve durata d'azione per via inalatoria rappresentano la pietra miliare della terapia farmacologica delle esacerbazioni acute.

  • Quando i pazienti presentano esacerbazioni acute con espettorato purulento, vanno somministrati degli antibiotici.

  • Per i pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva grave, le cure terminali devono essere indirizzate verso la qualità della vita del paziente e verso le sue preferenze, comprese quelle in materia di ventilazione meccanica e sedazione palliativa.

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