Ipolipidemia

DiMichael H. Davidson, MD, FACC, FNLA, University of Chicago Medicine, Pritzker School of Medicine;
Pallavi Pradeep, MD, University of Chicago
Revisionato/Rivisto mag 2023
Visualizzazione l’educazione dei pazienti

    L'ipolipidemia è una diminuzione delle lipoproteine plasmatiche provocata da fattori primari (genetici) o secondari. È generalmente asintomatica e viene diagnosticata incidentalmente nel corso di valutazioni di routine dell'assetto lipidico. Il trattamento dell'ipolipidemia secondaria implica il trattamento delle cause sottostanti. Il trattamento dell'ipolipidemia primitiva è spesso superfluo, ma pazienti con alcune malattie genetiche richiedono alte dosi di vitamina E e supplementazione alimentare di grassi e altre vitamine liposolubili.

    (Vedi anche Panoramica sul metabolismo lipidico.)

    L'ipolipidemia è definita da un colesterolo totale < 120 mg/dL (< 3,1 mmol/L) o da un colesterolo LDL (LDL-C) (low-density lipoprotein) < 50 mg/dL (< 1,3 mmol/L).

    Le cause possono essere primitive (genetiche) o secondarie. Le cause secondarie sono molto più frequenti delle cause primarie e comprendono tutte le seguenti:

    L'inaspettata scoperta di bassi valori di colesterolo o di colesterolo LDL (LDL-C) in un paziente che non assume un farmaco ipolipemizzante deve indurre a una valutazione diagnostica, compresa la misurazione di aspartato aminotransferasi (AST), alanina aminotransferasi (ALT) e ormone stimolante tiroideo; una ricerca negativa suggerisce una possibile causa primitiva.

    Esistono 3 patologie primitive nelle quali singole o multiple mutazioni genetiche causano una sottoproduzione o un'aumentata clearance di LDL:

    • Abetalipoproteinemia

    • Malattia da ritenzione di chilomicroni

    • Ipobetalipoproteinemia

    Le mutazioni con perdita di funzione di PCSK9 (proprotein convertase subtilisin-like/kexin type 9) sono un'altra causa di bassi livelli di LDL. Non ci sono conseguenze negative e nessun trattamento,

    Abetalipoproteinemia (sindrome di Bassen-Kornzweig)

    Questa condizione autosomica recessiva è causata da mutazioni del gene della proteina di trasferimento microsomiale dei trigliceridi, una proteina fondamentale per la formazione dei chilomicroni e delle lipoproteine a densità molto bassa (VLDL). I grassi della dieta non possono essere assorbiti e le lipoproteine, in entrambe le vie metaboliche, sono pressoché assenti dal siero; il colesterolo totale è tipicamente < 45 mg/dL (< 1,16 mmol/L), i trigliceridi sono < 20 mg/dL (< 0,23 mmol/L) e le LDL non sono misurabili.

    La condizione spesso viene notata per la prima volta nei neonati con malassorbimento lipidico, steatorrea e difficoltà di accrescimento. La malattia può provocare disabilità intellettiva. Siccome la vitamina E viene distribuita ai tessuti periferici attraverso le VLDL e le LDL, la maggior parte delle persone affette sviluppa, infine, una grave carenza di vitamina E. La sintomatologia comprende alterazioni del visus dovuti a una lenta degenerazione retinica, neuropatia sensitiva, sintomi da degenerazione dei cordoni midollari posteriori di atassia e parestesie e sintomi cerebellari di dismetria, atassia e spasticità che possono alla fine condurre al decesso.

    La diagnosi viene fatta dall'assenza di apoproteina B (apo B) nel plasma. I campioni di biopsia intestinale mostrano la l'assenza di proteina di trasferimento microsomiale. L'acantocitosi eritrocitaria è una caratteristica distintiva allo striscio periferico. Test genetici possono confermare la diagnosi.

    Il trattamento del deficit di vitamina E è basato su dosi elevate (100-300 mg/kg 1 volta/die per via orale) di vitamina E con integrazione di grassi alimentari e di altre vitamine liposolubili. La prognosi è spesso sfavorevole.

    Malattia da ritenzione di chilomicroni (malattia di Anderson)

    La malattia da ritenzione dei chilomicroni è una condizione autosomica recessiva, molto rara, causata da un'insufficiente secrezione di apo B da parte degli enterociti. Le mutazioni in un gene che codifica per una proteina importante nel trasporto di chilomicroni attraverso gli enterociti sono state collegate a questo disturbo.

    I neonati affetti presentano malassorbimento dei grassi, steatorrea e difficoltà di accrescimento e possono sviluppare disturbi neurologici simili a quelli dell'abetalipoproteinemia.

    La diagnosi si ottiene mediante biopsia intestinale in pazienti con valori di colesterolo bassi e assenza di chilomicroni postprandiali.

    Il trattamento si basa sull'integrazione di grassi e vitamine liposolubili. Il trattamento precoce con vitamina E ad alto dosaggio può migliorare la prognosi.

    Ipobetalipoproteinemia

    L'ipobetalipoproteinemia è una patologia autosomica dominante o una condizione codominante, causata da mutazioni a carico del gene codificante l'apo B.

    I pazienti eterozigoti presentano un'apo B troncata, che causa una rapida clearance delle LDL-C. I pazienti eterozigoti non manifestano sintomi o segni, eccetto un colesterolo totale < 120 mg/dL (< 3,1 mmol/L) e un colesterolo LDL (LDL-C) < 80 mg/dL (< 2,1 mmol/L). I trigliceridi sono normali. Alcuni pazienti possono essere affetti da steatosi epatica.

    I pazienti omozigoti hanno forme ancora più corte della proteina, che porta a livelli di lipidi sierici più bassi (colesterolo totale < 80 mg/dL [< 2,1 mmol/L], colesterolo LDL (LDL-C) < 20 mg/dL [< 0,52 mmol/L]), oppure una mancata sintesi di apo-B, che conduce alla sintomatologia dell'abetalipoproteinemia.

    La diagnosi consiste nel trovare bassi livelli di colesterolo LDL (LDL-C) e apo B su un profilo lipidico sierico. L'ipobetalipoproteinemia e l'abetalipoproteinemia sono distinti l'uno dall'altro mediante l'anamnesi familiare.

    Persone eterozigoti e omozigoti con bassi ma misurabili livelli di colesterolo LDL (LDL-C) non richiedono alcun trattamento. Il trattamento di pazienti omozigoti in assenza di lipoproteine a bassa densità è il medesimo della abetalipoproteinemia e comprende vitamina E e un'integrazione di grassi alimentari e di altre vitamine liposolubili. La prognosi è variabile, ma una diagnosi precoce e una stretta aderenza al trattamento possono ritardare la progressione della malattia.

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