La sindrome di Ménière è un disturbo caratterizzato da attacchi ricorrenti di vertigini (una falsa sensazione di movimento o rotazione) invalidanti, nausea, perdita dell’udito fluttuante (nelle frequenze più basse) e rumore nell’orecchio (tinnito).
I sintomi includono improvvisi attacchi ingiustificati di vertigini gravi e invalidanti, nausea e vomito, di solito assieme a sensazione di pressione nell’orecchio e perdita dell’udito.
I test includono esami dell’udito e a volte risonanza magnetica per immagini.
Una dieta a basso contenuto di sale e la somministrazione di un diuretico possono ridurre la gravità e la frequenza degli attacchi.
I farmaci, come meclizina o lorazepam, possono aiutare ad alleviare i sintomi delle vertigini, ma non prevengono gli attacchi.
Si ritiene che l’origine della sindrome di Ménière sia da ricondurre a un eccesso del liquido normalmente presente nell’orecchio interno (vedere anche Panoramica sull’orecchio interno). Il liquido nell’orecchio è contenuto in una struttura a sacca detta sacco endolinfatico. Questo liquido viene continuamente secreto e riassorbito, in modo da mantenere una quantità costante. Un aumento della produzione di liquido nell’orecchio interno o una riduzione del suo assorbimento determinano un eccesso di liquido. I motivi per cui ciò accade non sono noti. Questa malattia si osserva tipicamente nelle persone di età compresa tra i 20 e i 50 anni.
Sintomi della sindrome di Ménière
I sintomi della sindrome di Ménière comprendono improvvisi (acuti) attacchi ingiustificati di vertigini gravi e invalidanti e di solito nausea e vomito. Le vertigini sono una falsa sensazione che le persone o l’ambiente circostante o entrambi si stiano muovendo o stiano ruotando. La maggior parte delle persone descrive questa sensazione spiacevole come “capogiri”, sebbene usi lo stesso termine anche per altre sensazioni, come lo stordimento.
Questi sintomi solitamente durano da 20 minuti a 12 ore. Raramente, durano fino a 24 ore. Prima e durante un attacco, spesso il soggetto ha una sensazione di tappo o pressione nell’orecchio interessato. Talvolta i suoni sembrano insolitamente forti o distorti.
Dopo un attacco di vertigini, l’udito nell’orecchio colpito può essere compromesso. Le frequenze sonore più basse (vocali) sono più difficili da percepire. L’udito tende a variare, ma peggiora progressivamente con il passare degli anni.
Il tinnito, che alcune persone descrivono come “ronzio nelle orecchie”, può essere costante o intermittente e può peggiorare prima, durante o dopo un attacco di vertigini.
In genere, è interessato un solo orecchio.
Inizialmente, i sintomi possono scomparire tra un episodio e l’altro. I periodi asintomatici possono durare fino a 1 anno. Tuttavia, con il progredire della malattia, l’ipoacusia peggiora gradualmente e il tinnito può diventare costante.
In un tipo di sindrome di Ménière, la perdita dell’udito e i tinniti precedono di mesi o anni il primo attacco di vertigini. Dopo il primo insorgere delle vertigini, l’udito può migliorare.
Diagnosi di sindrome di Ménière
Test dell’udito
Risonanza magnetica per immagini (RMI) con contrasto a base di gadolinio
Il medico sospetta la sindrome di Ménière quando sono presenti i sintomi tipici: vertigini associate a tinnito e perdita dell’udito da un orecchio. Inoltre, le vertigini non sono scatenate da cambiamenti della posizione del corpo, a differenza della vertigine parossistica posizionale benigna.
I medici utilizzano anche alcune tecniche per verificare la presenza di sintomi che suggeriscono la sindrome di Ménière. Ad esempio, possono chiedere al soggetto di concentrarsi su un obiettivo mentre ruota la testa da un lato, poi dall’altro e osservare i movimenti oculari.
I medici, di solito, effettuano esami dell’udito e talvolta RMI con contrasto a base di gadolinio per cercare altre cause dei sintomi.
Prognosi della sindrome di Ménière
Non esiste un metodo comprovato per fermare la perdita dell’udito dovuta alla sindrome di Ménière. La maggior parte dei soggetti presenta una perdita dell’udito da moderata a grave nell’orecchio interessato entro 10-15 anni.
Trattamento della sindrome di Ménière
Prevenire gli attacchi limitando l’assunzione di sale, alcol e caffeina e assumendo un diuretico
Farmaci come meclizina o lorazepam per alleviare gli attacchi improvvisi di vertigini
Farmaci come la proclorperazina per alleviare il vomito
Talvolta, farmaci o trattamento chirurgico per ridurre la pressione del liquido o distruggere le strutture dell’orecchio interno
Trattamenti non invasivi per la sindrome di Ménière
Una dieta a basso contenuto di sale, senza alcol e caffeina e l’assunzione di un diuretico (farmaci come idroclorotiazide o acetazolamide, che aumentano l’escrezione di urina) possono ridurre la frequenza degli attacchi di vertigini nella maggior parte dei soggetti con sindrome di Ménière. Tuttavia, il trattamento potrebbe non interrompere la graduale perdita dell’udito.
Quando si verificano gli attacchi, le vertigini possono essere alleviate temporaneamente con farmaci per via orale, come la meclizina o il lorazepam. Nausea e vomito possono essere alleviati assumendo compresse o supposte contenenti proclorperazina. Questi farmaci non aiutano a prevenire gli attacchi e quindi non devono essere assunti regolarmente, ma solo durante gli episodi acuti di vertigini. Per alleviare i sintomi, alcuni medici somministrano anche corticosteroidi come prednisone per via orale e, talvolta, un’iniezione del corticosteroide desametasone dietro al timpano. Certi farmaci utilizzati per prevenire le emicranie (come alcuni antidepressivi) aiutano alcuni soggetti con sindrome di Ménière.
Trattamenti invasivi per la sindrome di Ménière
Per i soggetti che, nonostante i trattamenti non invasivi, hanno frequenti attacchi di vertigini invalidanti sono disponibili varie procedure, che mirano a ridurre la pressione del liquido nell’orecchio interno o a distruggere le strutture dell’orecchio interno responsabili della funzione di equilibrio. La procedura meno distruttiva è detta decompressione del sacco endolinfatico. (Il sacco endolinfatico contiene il liquido che circonda le cellule ciliate nell’orecchio interno.) In questa procedura, il chirurgo pratica un’incisione dietro l’orecchio e rimuove l’osso sopra il sacco endolinfatico in modo che sia visibile. Viene utilizzato un bisturi o un laser per praticare un foro nel sacco, consentendo così il drenaggio del liquido. Il chirurgo può inserire nel foro un sottile drenaggio flessibile di plastica per mantenerlo aperto. Questa procedura non influisce sull’equilibrio e raramente danneggia l’udito.
Se la decompressione del sacco endolinfatico non è efficace, può essere necessario distruggere le strutture dell’orecchio interno che causano i sintomi iniettando nell’orecchio medio attraverso il timpano una soluzione di gentamicina. La gentamicina sopprime in modo selettivo la funzione dell’equilibrio prima di influire sull’udito, anche se vi è comunque il rischio di perdita dell’udito. Il rischio di perdita dell’udito è inferiore se il medico inietta la gentamicina solo una volta e attende 4 settimane prima di ripetere l’iniezione, se necessario.
I soggetti che riportano comunque gravi episodi frequenti nonostante questi trattamenti potrebbero dover essere sottoposti a un intervento chirurgico più invasivo. La recisione del nervo vestibolare (neurectomia vestibolare) distrugge in modo permanente la capacità dell’orecchio interno di influenzare l’equilibrio, di solito preservando l’udito, e allevia con successo le vertigini nel 95% circa delle persone. In genere si ricorre a questa procedura per trattare i soggetti i cui sintomi non si riducono dopo la decompressione del sacco endolinfatico o per eliminare definitivamente gli episodi di vertigini.
Se la vertigine è invalidante e l’udito dell’orecchio coinvolto si è deteriorato, è possibile asportare i canali semicircolari con un intervento chiamato labirintectomia. In questi casi, il ripristino dell’udito è talvolta possibile con un impianto cocleare.
Nessuna delle procedure chirurgiche che trattano le vertigini è utile nel trattamento della perdita dell’udito che spesso accompagna la sindrome di Ménière.